Il piccolo Lorenzo sognava di diventare Del Piero ed è diventato Insigne. Il piccolo Lorenzo era davanti alla tv quando il suo idolo, il 5 marzo del 2008, violò la sacralità del Bernabeu con una doppietta che spinse quello stadio popolato da tifosi dal palato fine, non sempre così sportivi e raramente così ammaliati dalle magie di un avversario, ad alzarsi in piedi per rendergli il tributo. Lorenzo Insigne sogna di poter ripetere quell’impresa. Sogna di poter far staccare al Napoli il biglietto che allunga il sogno in Champions, e di farlo davanti agli occhi di Diego Maradona. Sarà l’unico italiano in campo dal primo minuto e questo non è fardello di poco conto da portare addosso: a parte Gabbiadini (nella gara al San Paolo con il Besiktas), non ci sono altri giocatori italiani tra i bomber della fase a gironi della Champions. Quindi, il nostro tricolore è affidato alle sue mani. E basta. Il fanciullo con la faccia da scugnizzo ha movimenti essenziali, talmente rapidi che non puoi afferrarne tutti i particolari e quando realizzi lui già è andato via. Nelle notti in cui è in vena accarezza il pallone come un brasiliano, leggiadro e sicuro. Sa giocare di sponda. E sa segnare. Da quando Sarri ha capito che non può fare a meno di lui, di gol ne ha fatti sette. Sempre titolare dal 26 ottobre scorso: da allora, nelle venti partite in cui è partito dall’inizio della gara, il Napoli ha perso solo con la Juventus. È il momento migliore per il ragazzo di Frattamaggiore: a Madrid viaggerà con la moglie Jenny e sarà lì anche il papà Carmine. C’è da giurarci che sarà il padre il più emozionato di tutti: accompagnava Lorenzo agli allenamenti dei baby del Sant’Arpino e ancora oggi è a Castel Volturno, quasi ogni volta che il Napoli si allena, ad aspettare il figlio. La sfida tra Real Madrid e Napoli promette spettacolo, con i blancos che vantano il quarto miglior attacco nella fase a gironi Champions League. Cristiano Ronaldo e compagni hanno segnato in ogni partita: un totale di 16 reti per una media di 2.7 gol ogni 90 minuti. Insigne ha segnato due gol in Champions, l’ultimo il 26 novembre del 2013 a Dortmund (l’altro sempre al Borussia Dortmund nella gara di andata). In totale in Europa i gol segnati sono 4 (gli altri due in Europa League a Swansea e Legia Varsavia). Insigne sa che uscire da vincitore dal Santiago Bernabeui è sempre uno dei più soavi elisir europei. E far gol, sarà ancor più bello: in porta c’è Keylor Navas, che difendeva il Costarica ai mondiali del 2014 quando Insigne era in campo nella Caporetto di quella tragica spedizione brasiliana. Tremano le gambe a tutti quelli che entrano in quello stadio dove i vecchi sovrani si chiamavano Di Stefano e Puskas. Antonio Cassano, il suo inseparabile amico, lì non ha avuto vita facile. In uno degli sms che gli ha inviato in queste ore gli ha consigliato di non alzare gli occhi in alto, perché quello stadio non finisce mai. Antonio Ottaiano, il suo agente, sarà sugli spalti. «Sono orgogliosissimo», si limita a dire senza voler rompere un silenzio che è anche scaramantico. Il piccolo Lorenzo, il più piccolo di tutti con i 163 cm contro i giganti dell’attacco stellare del Real Madrid, Benzema e Cristiano Ronaldo. Le gambe non gli tremeranno, c’è da giurarci. Perché Lorenzo è tutto tranne un emotivo: c’entra di sicuro la testa, l’equilibrio nervoso. A Bordeaux, per esempio, quando Italia-Germania nei quarti di Euro2016 arrivò ai rigori, chi fu il primo a prendere la palla e posizionarla su dischetto? Già, proprio Insigne. È nel suo momento migliore, non c’è che dire. Sarri è impressionato dalla professionalità con cui si allena. E infatti Lorenzo è migliorato settimana dopo settimana raggiungendo un picco da fuoriclasse assoluto. Eccolo, dunque, l’italiano che sogna di stregare il Bernabeu, come ha fatto Del Piero nel 2008 o come è riuscito anche a un altro grande del nostro calcio, Francesco Totti. Anche il romanista, lo scorso 8 marzo, quando entrò in campo, fu accolto da un tributo unico. Il tecnico del Napoli lo ha fatto crescere (e tanto) in questo ultimo anno e mezzo spiegandogli che nel calcio conta non solo la capacità di vivere di talento ma di lavorarlo come legno grezzo, faticandoci sopra. La classe cristallina insieme all’intelligenza nel gestirla, con una vita da atleta che dev’essere d’esempio non meno della micidiale abilità balistica. Perché tutti sono capaci d’incantare con il proprio talento, ma se il dono dell’arte li sfiora alla nascita può non bastare. Il resto è fatica, resistenza, durata e allegria. E Insigne al Santiago Bernabeu attende la consacrazione.
Fonte: Il Mattino