Il Mattino – Silvio Orlando: “Il cardinale Voiello sarà l’arma segreta del Napoli”

Lunga intervista de "il Mattino" al noto attore napoletano

Il cardinale Voiello va in trasferta. Sull’aereo che porta il Napoli a Madrid, martedì prossimo, ci sarà anche lui. O meglio, ci sarà Silvio Orlando, che ne ha fatto uno straordinario personaggio nella serie di Sky sul giovane Papa, «The Young Pope». Tifoso l’uno, tifoso l’altro. E tifosissimo il regista della fiction di culto, Paolo Sorrentino, già maradoniano doc: anche lui sarà della partita. Un vero «parterre de roi» per una sfida storica. Silvio Orlando, intervistato da “il Mattino”, sorride all’idea: la sua immagine di alto prelato che si veste da ultrà azzurro nelle stanze vaticane per seguire i risultati della squadra del cuore ha fatto il giro del mondo. E allo stadio hanno subito sciorinato lo striscione: «Voiello uno di noi». Ormai non può più tirarsi indietro, Orlando. «E infatti non ci penso proprio. Anzi, vorrei sottolineare sommessamente che da quando è comparso quello striscione il Napoli non ha perso più. Quattordici risultati utili, una media altissima. Tengo la contabilità».

La premessa è buona, si parte con il piede giusto. «Il presidente De Laurentiis ci ha trovato due posti sul charter affollatissimo della società, due giorni con la squadra, saremo molto invidiati… Non dico niente. Speriamo di farci onore, di portare il nostro orgoglio napoletano nella terra degli antichi conquistatori, i castigliani».

Tra lei e Voiello, chi è più tifoso? «Beh, Voiello è un’emanazione del cervello malato di Paolo Sorrentino… Quanto a me, ho una discreta storia. Ho lasciato Napoli per lavoro proprio l’anno dello scudetto. Stavo a Milano e sono andato a festeggiare in piazza Duomo. Eravamo una quarantina, una tristezza sconfinata».

È un frequentatore di stadi? «Come potrei, sono sempre in giro per teatri, in tournée. Ma seguo in televisione, so di cosa parlo, quando parlo di calcio».

E allora parliamo di questo Napoli. «Mi piace moltissimo. Una squadra operaia che non ha vitelli d’oro da adorare ma può contare su tanti giovani talenti, un gruppo con uno stranissimo cuore mitteleuropeo fatto di serbi, croati, polacchi… Non si sono mai viste tante k nei cognomi della squadra. Il Napoli di oggi è un collettivo. È questa la cosa meravigliosa. Una lezione per la città».

L’importanza di fare squadra. «Sì, nel calcio e fuori non c’è bisogno di adorare l’emanazione divina che arriva di volta in volta a mostrarci miracoli, basta il lavoro concreto di tanta gente a dare continuità e risultati positivi».

Non è più tempo di solisti? «Dico semplicemente, per tornare alla squadra, che il Napoli sta vivendo uno dei momenti più belli della sua storia. Anche senza solisti riesce a fare cose magnifiche. È la più grande risposta all’addio di Higuain. Una risposta non solo sportiva, ma anche culturale e politica».

Una «fonte di ispirazione», come direbbe Sorrentino? «Un modello che si dovrebbe recepire: mettendo insieme le energie ci si può scrollare di dosso un destino che in certi casi sembra ineluttabile. Il calcio è sempre incarnazione di un sentimento popolare e a volte ci indica un modo diverso di stare al mondo».

Il cardinale Voiello aveva sulle cover dei cellulari il famoso tridente Higuain-HamsikInsigne: lei come lo correggerebbe? «Io ci metterei tutta la squadra, non ci sono priorità. La cosa fantastica è che, così facendo, si aprono molte porte».

Con tanti saluti a Higuain? «Il timore ce l’avevo: e se dovesse andare via, dicevo, che si fa? Non accadrà, rispondeva Paolo. È stata una catastrofe».

Un brutto colpo, e non solo per i tifosi. «La città ha sofferto di un vuoto psicanalitico, come se si fosse rassegnata a un ruolo subalterno del Napoli, come se non ci fossero stati più prospettive né sogni da poter sognare… Però la società ha dato una risposta di grande maturità, ha replicato con un progetto più moderno. La partenza di Higuain, in questo senso, è stata un’opportunità».

Si dice che la Juve stia tentando anche Sarri. «Sarri è una persona seria, ha subito smentito. È un uomo ruvido, ma leale, l’ho incontrato quando sono andato nel quartier generale del Napoli a Castel Volturno. Ha legato il suo nome alla città e lo farà fino in fondo».

La partita con il Real è una sfida epocale e una grande festa dello sport, a Madrid stanno per arrivare non a caso diecimila napoletani… Tutti vogliono esserci, l’occasione di accendere un faro internazionale sulla squadra e sulla città che la esprime è senza precedenti. «Questo discorso va fatto con prudenza, senza creare troppe aspettative. Real-Napoli è una partita importante, ma resta una partita. Comunque finisca, si va avanti».

Trent’anni fa, il Napoli ci provò con Maradona. Se lo ricorda, quel match? «Come no, ero a Milano e sentivo ancora di più l’orgoglio dell’appartenenza, l’importanza delle radici. Quando stai fuori capisci davvero che cosa significa essere napoletano. Un po’ lo senti, un po’ te lo fanno sentire».

Anche Diego faceva parte di quelle radici? «Maradona si era caricato sulle spalle il riscatto dei Sud del mondo. Non a caso di personaggi così ne nasce uno per secolo».

Ogni tifoso ha i suoi rituali. I suoi quali sono? «Li cambio continuamente. Vado a periodi, in questo sono meno costante di Voiello».

E durante le riprese di «The Young Pope»? «Una volta a Cape Town, in Sudafrica, io e Sorrentino siamo andati alla ricerca disperata di un baretto italiano che trasmettesse l’incontro, mi pare Napoli-Cesena. Non l’abbiamo trovato e siamo finiti nella hall dell’albergo attaccati allo schermo di un computer come due naufraghi».

In condizioni normali, invece, come si organizza? «Vedo la partita dove posso, spesso nei camerini, in questo periodo prima di andare in scena con Lacci. Stanislavskij non sarebbe contento, ma il richiamo della squadra è irresistibile».

Scudetto sì o scudetto no? «La vedo durissima, dovrebbe accadere qualcosa alla Juve, più che a noi. Ma è difficile che abbiano momenti così forti di appannamento. Che devo dire… È il loro momento».

La seconda serie di «The Young Pope» a che punto è ? «È scritta, ma le riprese sono slittate al prossimo inverno. Di ufficiale non c’è niente».

Voiello che ruolo giocherà? «È come un centrocampista, tiene la palla e aiuta a decantare i contrasti. Un mediano, lo vedo così, schierato subito dopo la difesa, attento a non invadere campi pericolosi».

Che fine ha fatto il completino da calciatore che sfoggiava in scena? «Lo tengo a casa, e qualcosa porterò in trasferta a Madrid, pronto a tirar fuori la maglietta se dovesse succedere il miracolo».

Lo stesso farà Sorrentino? «Paolo è più serio, è un uomo di passioni fredde».

Ma il tifo, Silvio, alla fine, che cos’è? «Necessità. Una cosa che sviluppi da zero a dodici anni, l’età in cui succede quell’età nasce anche questa strana cosa che ti fa soffrire e gioire. Il tuo marchio».

La Redazione

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