Da Posillipo all’Oriente i 50 anni del giovane Ciro Ferrara

Zhu ni shengri kuaile. Cioè, buon compleanno. Auguri all’eterno ragazzo di via Manzoni, Ciro Ferrara, 50 anni oggi. È emigrato in Cina, l’ex campione del Napoli e della Juve allena il Wuhan Zall e ha l’ambizione di portarlo in serie A nella prossima stagione. Il salto lo ha già compiuto il suo amico Cannavaro, tecnico del Tianjin. Fabio e Ciro hanno diviso esperienze nel Napoli, nella Nazionale, nella Juve e dodici anni fa hanno creato una Fondazione, tra le più attive sul territorio napoletano. «Vogliamo aiutare i giovani a realizzare piccoli e grandi obiettivi», racconta Ciro, che è affiancato dal fratello Vincenzo. L’ultima raccolta fondi nella scorsa primavera per sistemare il campo dell’Arci Scampia, una realtà sportiva e sociale di alto livello. Posillipino, prima squadra il Salvator Rosa diretto da Antonio Varriale: venne tesserato con il cugino Nicola Crisano, che oggi fa il direttore sportivo. A 14 anni il grande salto: firma sul cartellino del settore giovanile del Napoli. Presidente Corrado Ferlaino e coordinatore Paolo Fino, indimenticabile gentiluomo. A 17 anni, lo scudetto con gli Allievi allenati da un grande maestro di calcio e vita, Riccardo De Lella. Tricolore conquistato dopo la finale contro la Fiorentina al campo Due Palme di Agnano. Era il 30 giugno dell’84, poche ore dopo il Napoli avrebbe annunciato l’acquisto di Diego Armando Maradona, di cui Ciro sarebbe diventato compagno già nel ritiro di Castel del Piano. C’erano due Ciro Ferrara, entrambi difensori, e allora De Lella suggerì all’allenatore Rino Marchesi di chiamare uno dei due Stielike, come il libero della Germania. Quel ragazzo sarebbe diventato Ciro il grande, otto scudetti (con quello degli Allievi azzurri) e tante coppe nazionali e internazionali in bacheca, fino alla partita d’addio giocata a Napoli nel 2005. Arrivarono tutti per rendergli omaggio, perfino Maradona, che non metteva piede in città da quattordici anni. Ciro scelse il San Paolo, dove aveva esordito vent’anni prima giocando un’ora al posto dell’infortunato Ferrario nella partita contro la Juventus (marcò Boniek), perché era lo stadio di casa sua. Un amore sempre vivo, non c’entra quella storia – soltanto calcistica – del trasferimento alla Juve nel 94, dopo una sofferta stagione da capitano di un Napoli che non percepiva stipendi e non garantiva il futuro. Una fedeltà autentica, lo sappiano coloro che hanno fischiato, o insultato, Ferrara quando si è presentato in bianconero a Fuorigrotta e perfino durante lo show di Maradona al San Carlo, benché fosse assente. Diego ha rappresentato un pezzo importante della sua vita. Gli consegnò una medaglia come premio per lo scudetto Allievi il 5 luglio dell’84, lo incoraggiò quando esordì e quando segnò il primo gol (Napoli-Torino del 5 ottobre dell’86). Sono stati compagni e vicini di casa nell’elegante palazzina di via Scipione Capece 3/A, dove in alcune serate si presentava Pino Daniele, accompagnato dal fratello super tifoso Nello, per cantare con i campioni i suoi brani più celebri. «Un grande gruppo, sono orgoglioso di aver scritto pagine di storia del calcio a Napoli». Diego lo prendeva in giro, diceva che avesse i piedi quadrati. Fu il primo a stringerlo in un fortissimo abbraccio a Stoccarda il 17 maggio dell’89 dopo uno straordinario gol nella finale di Coppa Uefa, il primo dei trofei europei conquistati da Ciro, che poi con la Juve ha vinto tutto, dalla Champions League (suo il primo rigore segnato nella finale contro l’Ajax a Roma nel 96) alla Coppa Intercontinentale. Ferrara è stato vicino all’argentino anche nei giorni del buio provocato dalla cocaina. Lui, De Napoli e Crippa bussarono inutilmente alla porta del capitano il 5 novembre del 90 per scuoterlo e farlo salire sull’aereo in partenza per Mosca, dove si giocava la sfida di Coppa dei Campioni contro lo Spartak. Diego non aprì, era strafatto. Al campione, nel doloroso momento del congedo dal Napoli per squalifica, fu chiaro che due calciatori avrebbero raccolto le sue eredità: la fascia di capitano a Ciro, la maglia numero 10 a Zola. Ferrara e il Napoli si sarebbero separati nel 94. Undici anni da juventino (oltre alla breve esperienza da allenatore: contro di lui l’ultimo successo azzurro a Torino, 3-2 firmato da Mazzarri nel 2009), sempre parole dolci verso la squadra, che intanto stava toccando il fondo, arrivando alla retrocessione in serie B con 14 punti nel 98. L’anno più amaro anche per Ciro, che in Nazionale aveva esordito ventenne (affrontando l’Argentina di Diego in un’amichevole a Zurigo), poi era stato messo incredibilmente da parte dal ct Arrigo Sacchi – fa un certo effetto.

Fonte: Il Mattino

CompleannoFerrar
Comments (0)
Add Comment