Ricominciare: però partendo dalle certezze di quel passato così breve – come un sogno – nel quale Milik ha espresso (quasi) tutto se stesso, la sua potenza, la sua esuberanza, la sua perfida precisione, lo stacco di testa e pure la freddezza del rigorista. Soltanto nove partite, cosa volete che siano?, cinquecentonovantatré minuti complessivi in campo, praticamente niente, e già sette gol, quattro in campionato e tre in Champions League, con tre doppiette, l’ultima proprio al Bologna, che in pratica diventa adesso una sorta di amuleto personale, perché si riparte proprio da lì. Il primo passo, altro non può essere, è la convocazione, dunque lo «status» di calciatore abile ed arruolabile, non più un infortunato, né un indisponibile: è finito il momento delle pause, dell’angoscia, del senso lieve di depressione e della fatica fine a se stesso – piscina, campo, cyclette, pesi – uno sforzo privo di un orizzonte. Sono volati via centoventicinque giorni da Atalanta-Napoli, centodiciassette dal momento in cui si ritrovò a sfidare il tempo ed un po’ anche il destino, che certo non gli è stato amico: ma questo è il calcio. Palla al centro, al centravanti: (ri)soffia il vento dell’Est, nelle aree di rigore… Fonte: CdS Campania