L’editoriale sul Corriere dello Sport:
“Questo Napoli è corto, talmente corto da essere ormai la sua arma vincente. “Corto” come i 169 centimetri di Dries Mertens, “un giorno all’improvviso” esploso in un ruolo che nessuno mai avrebbe immaginato potesse ricoprire talmente bene da riscrivere un po’ di storia del calcio italiano. Dopo Angelillo, anno di grazia 1958, nessuno mai in serie A era riuscito a segnare 7 gol in due gare consecutive. Quello era un altro calcio, forse addirittura un altro sport, e ciò che si riusciva a fare 50 anni fa, oggi risulta per tutti molto più difficile. Il Napoli è “corto” anche nel senso dei minuti spesi dal folletto belga per segnare un gol: la media di 93 minuti. Segna sempre, tutte le volte che Sarri lo manda in campo, e nel campionato italiano nessuno può vantare un identico rendimento. Nemmeno i capocannonieri Belotti (106 minuti), Dzeko (119 minuti) e Icardi (128 minuti); men che mai quello che ormai non rappresenta più il grande rimpianto dei napoletani: Higuain ha gli stessi gol di Mertens, però una media realizzativa inferiore (1 ogni 116 minuti). Vien da chiedersi come è possibile che il Napoli si fosse smarrito in una crisi d’identità da malato immaginario e perché poi c’è stata questa incredibile inversione di tendenza. Nelle ultime 4 partite, la squadra ha messo a segno ben 15 gol, mentre erano stati soltanto 13 nelle precedenti 11 sfide caratterizzate dall’assenza di Milik e dalla difficoltà di trovare la via del gol in maniera idonea alla quantità di occasioni create. Serviva abituarsi all’assenza del realizzatore e Mertens aveva provato a vestire i panni del bomber, però gli andavano larghissimi, anzi lunghissimi, quasi quanto la differenza di misura tra lui e Milik. Poi ha fatto di necessità-virtù, trasferendo le sue qualità di velocista nel bel mezzo delle difese avversarie, lì dove può fare molto male sfruttando la dote di unico calciatore del Napoli in grado di creare la superiorità numerica. Una mossa diventata vincente quando Dries ha capito la necessità di venire incontro al pallone, scambiare per poi scattare, abbassarsi fin sul centrocampo per rendere il Napoli “corto” nella struttura tattica e compatto così tanto da impedire agli avversari di costruire l’azione di ripartenza. La match analysis ci dà conforto confermando che col Torino si è visto il Napoli più compatto della stagione con i 35 metri di lunghezza in campo pareggiati solo nella sfida persa con la Juve. Se proprio vogliamo trovare un difetto, possiamo dire che il Napoli è troppo “buono”, una dote che mal si concilia con i momenti chiave delle sfide clou. Forse in pochi sanno che nei 5 maggiori campionati europei, la squadra di Sarri è quella che commette meno falli in assoluto, 9,8 a partita. Corti sì, belli pure, ma buoni sarebbe meglio di no”.