C inque anni fa, giusto cinque anni fa, il suo cruccio maggiore era Tognozzi. Non gli fosse venuta la tendinite, non si fosse fatto male al braccio… Perché poi lo chiamò Mario Gambardella, molto dispiaciuto in realtà. E anche se Gaetano Mastellone non voleva – e per questo si dimise – gli disse che era meglio finirla lì. Questi i nomi, queste le situazioni di Maurizio Sarri, nel dicembre 2011. Gli era venuto a mancare il giocatore migliore, il Sorrento non vinceva più, il presidente lo esonerò, nonostante il parere contrario del vice. Pubblicammo, tutti, la notizia in poche righe, in fondo si trattava di un allenatore di serie C.
L’ALTRO POLO
Cinque anni fa, giusto cinque anni fa, Zinedine Zidane muoveva i primi passi come direttore sportivo del Real Madrid, dopo essere entrato – due anni prima – dalla porta principale come consigliere personale del presidente Florentino Perez. Considerammo tutti la cosa come il logico approdo alla cattedrale galactica per chi meglio l’aveva rappresentata da calciatore negli ultimi anni. Lo studiava, quel mondo, il neo dirigente Zidane, buttando intanto un occhio alla panchina, più vicina della scrivania al suo ambiente più naturale, quello del rettangolo di gioco. Se qualcuno si fosse azzardato a chiedergli di Sarri – e non comprendiamo perché avrebbe dovuto farlo – probabilmente lo avrebbe scambiato col Sarria, il vecchio stadio dell’Espanyol
CONTATTO
Poi sono cresciuti, tutti e due. Per Zidane, la Champions era già allora una piacevole consuetudine, l’aveva frequentata da calciatore, da dirigente non si perdeva un sorteggio, poi è diventato allenatore – era scritto nel destino – e l’ha vinta al primo colpo. Maurizio Sarri, quelle partite internazionali le vedeva in tv, al San Paolo ci andava da spettatore, quando il Sorrento non giocava, fino a quando ne fu cacciato. Quell’esonero però fu la spinta per ripartire alla grande perché nel giugno 2012 lo volle l’Empoli, la piazza da cui è decollata la carriera dell’ex bancario. E fra due mesi si troveranno l’uno contro l’altro, provenienti da universi diversi. L’unto dal destino, contro il tecnico da strada, tormentati in carriera da problemi opposti. Fra «Dove lo metto Benzema?» e «Come faccio senza Pucciarelli?» c’è differenza, se permettete. Stavolta se la giocheranno alla pari, si fa per dire.
CRESCITA
Sarri si è conquistato il Bernabeu anno dopo anno, partendo dai campi in terra. Quando il giovane Zidane a metà anni Novanta si impone nel Bordeaux, il tecnico allena il Cavriglia. L’arrivo di Zidane in Italia, nel 1996, coincide con l’approdo di Sarri all’Antella, sì, con la A davanti. Quando Zizou segna il fantastico gol che decide la finale Champions 2002 con il Leverkusen, Sarri è al Sansovino. Ma, già allora, si documentava, alla ricerca della formula migliore, il calcio visto come una sinfonia che possa esprimere al meglio i propri talenti. Insomma, già il Sarri di oggi.
DOTE
Fortuna? Poca. Arriva al Napoli e De Laurentiis non gli compra nessuno: gli ha già fatto il regalo di allenare una grande. Porta la squadra al suo record assoluto di punti (82): non bastano per lo scudetto, la Juve fa di più. Trasforma Higuain nel più prolifico cannoniere di sempre in A (36 gol in un torneo solo) e lui lo molla in estate. Gli danno Milik e quando comincia a segnare, si fa male ed è perso per mesi. Dicono che la fortuna, per un allenatore, sia una virtù. Con lui, la jella ci ha visto benissimo. Sino al sorteggio di ieri. Da lui, in qualche modo, annunciato: «Sarebbe bello affrontare un’avversaria prestigiosa».
ESAME
Proprio il Real? Conoscendolo, non lo considererà un altro tiro della sorte. Arrivare al Bernabeu, per uno che lavorava in banca, rappresenta il top della carriera, dopo anni di trasferte in pullmino, poche certezze, il pane duro dei campi minori e un solo mito, il nonno Goffredo: «Era molto fiero di un riconoscimento su carta intestata della Casa Bianca. Da partigiano, recuperò i piloti di un aereo Usa abbattuto in val d’Arno, li nascose, e a quei tempi ti fucilavano per meno, e li consegnò agli inglesi quando passarono il fronte». Bah, oggi nonno sarebbe molto orgoglioso di questo nipote che andrà a sfidare in tuta la più prestigiosa squadra del mondo.
Fointe: Gazzetta dello Sport