Prendete in esempio Napoli-Roma, la più recente, quella in cui Kalidou Koulibaly apre la strada al delitto perfetto degli uomini di Spalletti. Un suo errore regala palla a Salah ed il conseguente assist vincente per Dzeko. Dietro il semplice errore c’è di più, c’è l’esaltazione delle caratteristiche negative del colosso azzurro: deconcentrazione, intesa come spegnimento del cervello, ed eccessiva sicurezza dei propri mezzi. Sicurezza che non diventa consapevolezza, passaggio fondamentale che renderà in futuro Koulibaly un calciatore da Barcellona. Lo ha detto anche Sarri d’altronde, durante lo scorso campionato, magari nei momenti difficili del senegalese: “Se Koulibaly fosse più concentrato, sarebbe da Barcellona: ha delle potenzialità fisiche che neanche lui immagina” e giù di lì.
Ora però prendete, anzi rivedete Udinese-Napoli, di qualche settimana seguente al suddetto match. Il dente avvelenato di Zapata e l’ecletticità di Matos e Thereau si vanno a scontrare con un muro di Berlino, invalicabile nella sua imponenza e nella sua metaforica agilità. Tra una spallata, un gambone messo tra palla e avversario, un anticipo secco, Koulibaly gioca la sua miglior partita da quando è sbarcato a Napoli. Quasi giustifica l’etichetta con cui era stato accompagnato al suo arrivo all’ombra del Vesuvio, e stavolta non solo per il colore della pelle: il nuovo Lilian Thuram. I mezzi a disposizione del calciatore sono impressionanti, prestanza fisica e scatti in allungo in primis, tanto che gli stessi compagni tendono a scansarlo in allenamento. La tecnica di base, per essere un difensore, non è poi per nulla scadente: di volta in volta Kalidou non denigra lanci lunghi a destra e manca, e neppure qualche dribbling che tanto rendono il mister furioso. E mettiamoci anche la professionalità e l’umiltà dell’uomo che spesso, qualcuno se lo dimentica, va distinta dall’atleta in valore assoluto.
Ciò che manca a Koulibaly, meno rispetto all’era Benitez, è la continuità di rendimento. Concetto banale, ma non banale la ricerca di tale fattore che si può racchiudere in una sola parola: applicazione. Restare dentro la partita per 90 minuti sembra ancora un’utopia per il buon Kalidou e qui resumiamo ancora una citazione di Sarri: “Koulibaly ha giocato 85 minuti da fenomeno ed ha fatto 5 minuti di cazzate assurde”. Come spesso capita, il tecnico del Napoli rese l’idea grazie all’uso del gergo popolare. C’è attesa dunque, mista a curiosità, di assistere al salto di qualità dell’uomo “scavato nella roccia”, la cosa che gli consentirà di uscire dall’ombra dei vari Bonucci, Manolas e Miranda. E non solo: gli consentirà una carriera sempre più prestigiosa, con buona pace dei supporters partenopei, come clausola rescissoria insegna.
A cura di Mario De Martino