Gigi Simoni Napoli la scoprì nel ’61 e gli entrò nel cuore: “Lauro mi chiamava guagliò!”

Il destino di Gigi Simoni e del Napoli è sempre stao legato. L’ex tecnico, nella sua rosa ideale inserisce quattro giocatori allenati proprio quando era nel capoleuogo partenopeo: Taglialatela, Cruz, Ayala e Boghossian. Questi ragazzi accompagnarono Simoni nella seconda tappa napoletana della sua vita. La prima ci fu nel 61, dopo la promozione col Mantova in A. Fu dato in prestito al Napoli in B. E scoprì una città che gli sarebbe entrata nel cuore, con i suoi personaggi, a cominciare da Achille Lauro. «Volle ricevermi dopo aver letto che mi avevano definito il Sivori dei poveri: era seminudo in terrazza e mi chiamava guaglio’». La squadra, allenata dal giovane Bruno Pesaola, vinse la Coppa Italia – unico club cadetto nella storia – e conquistò la promozione. Gigi non riuscì a giocare la finale perché infortunato né a partecipare alla crociera premio offerta dal Comandante Lauro perché, militare, era stato obbligato a rientrare in caserma. La sua strada e quella del Napoli si sarebbero incrociate nuovamente nel 1996. Ottavio Bianchi, direttore tecnico del club «Voleva sapere tutto: come lavoravo sul campo, come allenavo i vari reparti, quale modulo prediligevo, come trattavo i calciatori. Una specie di terzo grado. In quel momento lo ritenni un po’ eccessivo, poi quando ho rivestito l’incarico di direttore tecnico ho capito meglio l’importanza di conoscere a fondo la metodologia e il carattere del tuo allenatore». A dicembre era al secondo posto. Ma poi il meccanismo si inceppò. Era arrivata la chiamata dell’Inter e Gigi informò Ferlaino. La risposta dell’ingegnere gli piacque: «Sono contento per lei, è un signore: non tutti si sarebbero comportati così». Ma a quelle parole sarebbe seguito l’esonero che gli impedì di guidare la squadra nella finale di Coppa Italia contro il Vicenza. «Ferlaino volle farmi un dispetto». La terza e ultima tappa di Simoni a Napoli nel 2003, quando fu chiamato dall’imprenditore alberghiero Salvatore Naldi. «Mi tennero nascoste le difficoltà finanziarie. Alla fine fu un disastro: la società fallì e noi perdemmo quasi tutti i soldi». Mesi di fortissima tensione, in cui c’erano gli ultrà che si presentavano al campo Paradiso di Soccavo chiedendo a muso duro ai giocatori i motivi delle loro modeste prestazioni. A parlare con loro c’era spesso quell’uomo, di cui Baglioni nella prefazione del libro scrive: «In fondo lui non pretendeva di cambiare il mondo ma neanche il mondo è riuscito a cambiare lui». Dedicato a questo ragazzo di 77 anni che non ha smesso di sognare mentre vede il pallone che rotola. (Il Mattino)
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