L’erba non è quella del campo di calcio e il tiro non finisce all’incrocio. Così il 3-0 alla Colombia, che rimette in corsa l’Argentina per la qualificazione a Russia 2018, passa in secondo piano. E più delle magie in partita – un gol e due assist – di Messi resta impressa l’incazzatura a fine gara in sala stampa, quando circondato dai compagni di squadra parla come un capopopolo. Colpa di ciò che è stato scritto su Lavezzi: il Pocho, secondo un giornalista argentino, era stato sorpreso in ritiro a fumare uno spinello e forse per questo era stato escluso dal ct Bauza. «Abbiamo deciso di non parlare con la stampa – dice Messi a fine gara – In passato abbiamo subito tante accuse e mancanze di rispetto e non abbiamo detto niente. Stavolta si è passato il limite. L’accusa rivolta a Lavezzi è molto grave e se non dicessimo nulla, la gente crederebbe che è vera». Dal canto suo il Pocho ha annunciato «azioni legali per false dichiarazioni e gravi danni alla mia famiglia e al mio lavoro». Da Zoff a Messi, la storia si ripete. Il primo «silenzio stampa» nel calcio, per rispondere agli attacchi dei media ha più di trent’anni. Era il 25 giugno 1982, ai Mondiali spagnoli la Nazionale italiana rispose alla stampa con il silenzio. E poi trionfò. Anche l’Argentina c’è già passata, e sempre a un Mondiale: nel 98 il silenzio fu la reazione alla notizia di una positività al doping di Veron. Bauza commenta così il caso Lavezzi: «Posso capire cosa sta passando per la testa dei miei giocatori, anch’io sono stato fatto a pezzi. Ci sono giornalisti che a volte la fanno fuori dalla tazza». L’ex attaccante del Napoli e del Psg, oggi in Cina all’Hebei Fortune, reduce da uno stop di cinque mesi per infortunio, era stato convocato a sorpresa per il doppio impegno nelle qualificazioni e nel clamoroso 0-3 con il Brasile era rimasto in panchina. Per l’impegno decisivo con la Colombia, invece, era finito in tribuna. La bufera dopo il tweet di un giornalista di Radio Mitre, Gabriel Anello, che alla vigilia del match scrive: «Lavezzi non va in panchina per il porro (la canna, ndr) che ieri sera si è fumato per concentrarsi? Èuna domanda, solo una domanda». Quando poi Lavezzi annuncia l’azione legale arriva la nuova replica di Anello sui social: «Lavezzi fuma il secondo porro per concentrarsi e l’impresentabile è chi lo dice? Abbiamo la nazionale e i giocatori che ci meritiamo». E se su Anello piovono minacce via social, nascono anche hashtag come #PochoFumaPorros o nomignoli come «il Porro Lavezzi». Ma dove sarebbero le prove giornalistiche dei presunti spinelli? Anello si difende: «Ho foto e video, se il Pocho mi porta in giudizio gliele mostrerò». Per ora, però, è soltanto fango (eufemismo) gettato nel ventilatore dei social. Eventualmente, non sarebbe il primo caso. Fabian Barthez, campione del mondo con la Francia, venne squalificato due mesi per positività alla cannabis, mentre il colombiano Medina c’è cascato quattro volte. Due anni fa fu la Bild, giornale tedesco, a beccare la stella francese del Bayern Ribery mentre fumava lo spinello d’estate al mare. Dalla cannabis all’alcool, anche in Inghilterra è scoppiato un caso. Stavolta la sbronza di Wayne Rooney è documentata dal tabloid Sun, che lo ha fotografato nel cuore della notte, completamente ubriaco, nell’albergo che ospitava la nazionale inglese, incapace di reggersi in piedi. Wayne ha trascorso la notte dopo la vittoria sulla Scozia nel bar dell’albergo. Tre giorni dopo è stato escluso dall’amichevole contro la Spagna. La ragione? Non specificata….
Fonte: Il Mattino