Occhio Napoli, quanti baby talenti alla conquista d’Europa. Piccoli Donnarumma crescono

Più piccoli di Gigio? Rivolgersi al reparto maternità, grazie: chi è quel neonato che ha bloccato in presa il biberon? Chiamate Raiola, per la firma basta un rigurgitino. Con i suoi diciassette anni Gigio comanda il plotoncino dei portieri che stanno prendendo a morsi il presente. Se consideriamo gli Under 20 del pianeta calcio, la compagnia è di tutto rispetto. Nel gioco dei rimandi che scatta inevitabile in questi casi Donnarumma è il nuovo Buffon, ma in Francia c’è Adam Lafont – coetaneo di Gigio, classe ‘99 – che però è il nuovo Donnarumma e di sicuro – in qualche arrondissement di Tolosa c’è un ragazzino brufoloso che sogna di essere il nuovo Lafont, che è il nuovo Donnarumma che è il nuovo Buffon che al mercato per due soldi (facciamo molti di più) qualcuno comprò.

TALENTO PURO

 

Lafont ha esordito a 16 anni, 10 mesi e 310 giorni, difendendo la porta del Tolosa. Si dice in questi casi: predestinato. Nessun portiere in Francia aveva debuttato con una carta d’identità più giovane. Il problema di questi baby beginners è che entrano a spallate nella Storia prima di camminare per la cronaca. Nato in Burkina Faso, si è trasferito in Francia a nove anni, per seguire il padre, che aveva divorziato ed era andato a cercare fortuna in Europa. Dal giorno del suo debutto – 28 novembre 2015 – Lafont non ha saltato nemmeno un minuto, giocando sempre da titolare, per una striscia lunga 36 partite (24 l’anno scorso, 12 quest’anno) in Ligue1. Tolosa è il club in cui è cresciuto il miglior portiere campione del mondo Fabien Barthez: ok, il posto è giusto. Su Lafont ha messo gli occhi il Barcellona. Pregi: riflessi e personalità. Difetti? Ne ha di sicuro, ma li nasconde bene.

FRENESIA DI GIOCARE

 

La fretta non difetta al polacco Dragowski. L’ha preso la Fiorentina, lui pensava di giocare (in effetti, visitare la Basilica di Santa Croce non rientra nei primi centoquindici obiettivi di un portiere), ma nisba: un mese fa si è sfogato, sottolineando come prima di lui ci siano Tatarusanu, Lezzerini (occhio pure a lui, è un ‘95, ha tutto per sfondare), l’autista e i fisioterapisti, in numero di cinque. Arriverà anche il suo momento. Quello dell’argentino Batalla, del River Plate (anche se non è titolare fisso), è già arrivato. A soli vent’anni vanta un’esperienza notevole e vanta una bacheca da veterano: ha vinto il Sudamericano Under15, 17 e 20, il Mondiale Under 20, la Copa Sudamericana 2015. Persino banale il soprannome: Pibe dalle mani d’oro. Il nuovo Jascin – mancava in effetti – si chiama Anton Mitrjuskin, nato in Siberia, figlio di un giocatore di hockey su ghiaccio professionista, dal quale ha imparato a muoversi tra i pali. Ha vinto l’Europeo Under 17 contro l’Italia di Zoratto, al momento sta al Sion, in Svizzera.

BABY ITALIANI

 

Si parla molto bene dell’olandese Joel Drommel, che però non ha ancora esordito in Eredivisie, limitandosi a qualche apparizione in Tweede Divisie, la seconda divisione. Il messicano Raul Gudino è in Portogallo da tempo, in attesa di debuttare con il Porto, posta sui propri profili social foto di lui mentre guarda l’orizzonte e sogna la gloria. Sono giovani, l’abbiamo detto. Infine i nostri piccoli Donnarumma sono in realtà più vecchi di lui. Simone Scuffet e Alex Meret, entrambi del ‘97, hanno storie che raccontano molto, di loro e dei loro coetanei. Scuffet debuttò una sera di febbraio del 2014 a Bologna, merito di Guidolin, aveva diciassette anni e sembrava un fenomeno. Quell’anno disse no all’Atletico, voleva crescere a Udine. Ha giocato un intero campionato in B col Como, ora fa la riserva di Karnezis. Tutto molto in fretta, ma forse l’equilibrio ora c’è. Meret, più vecchio, diciamo così, di Scuffet di due mesi, ha inseguito il collega lungo tutto il percorso delle giovanili dell’Udinese, è stato il vice di Karnzezis, ha giocato un paio di partite in Coppa Italia e oggi si sta ritagliando spazio e minutaggio nella Spal, in serie B. Piccoli Donnarumma crescono all’ombra di Gigio: tra parate e tuffi a vuoto, sanno benissimo che non c’è un unico modo di diventare grandi.

Fonte: Corriere dello Sport

 

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