Questa non è una deduzione, ma l’analisi aritmetica che esprime un’opinione o anche una certezza: questi sono numeri, ed è inutile rifugiarsi nel luogo comune della loro aridità, perché stavolta ci sono cifre che pulsano e persino parlano e raccontano di quanto il Napoli abbia sofferto per l’assenza di Raul Albiol. I presenti hanno sempre ragione, però anche gli assenti: ed Albiol che ha giocato nelle prime otto giornate complessive (sei di campionato e due di Champions) senza mai essere sfiorato dalla “macchia” della sconfitta, può permettersi di ripresentarsi con la sua divisa limpidamente azzurra. E’ andata così e magari sarà anche un caso (difficile sostenerlo) però è stato mica un momento passeggero: un mese esatto – dal 22 agosto al 29 settembre – con appena sei gol subiti e per la media non è neanche il caso di scomodarsi.
CHE PAURA. In realtà, tutto è cominciato all’incontrario, a Pescara, quando il Napoli al 45esimo era già sotto di due gol: e vennero fuori le solite disattenzioni. Ma Albiol è rimasto sempre, anche nelle due reti subite con il Milan, il punto di riferimento, lo snodo centrale di un movimento che sembra telecomandato: la linea la guida lì, sembra quasi ci sia un filo invisibile, e se per tre volte (a Palermo, in casa del Genoa, poi con il Chievo) il Napoli è riuscito a lasciare che Reina attraversasse le sue giornate in assoluta serenità, vuol dire che gli equilibri e l’operazione di contenimento fosse stata prossima alla perfezione.
L’INCIDENTE. Albiol si arrende al decimo minuto di Napoli-Benfica, la prima interna di Champions, quella nella quale nel finale s’avverte un campanellino d’allarme: ma erano sul 4-0 e s’è pensato fosse legittima distrazione. Invece, nell’assenza del centrale – sostituito nella circostanza da Maksimovic, al debutto e con caratteristiche diverse – s’annidava gli scricchiolii di un sistema governato con esperienza e lucidità da un uomo che ha il timer nella testa.
CONTRACCOLPO. Esce Albiol e perde il Napoli, che a Bergamo raccoglie la sua prima sconfitta e che da quel momento riesce a superare indenne soltanto la gara del San Paolo con l’Empoli (2-0): ci sono, in sintesi, quattro k.o. (Atalanta, Roma, Juventus e Besiktas) ed un parziale significativo, che racchiude in sé la consistenza di un uomo al quale è complicato rinunciare: dodici gol in dieci gare, che diventerebbero quattordici se nella radiografia si inserissero le stoccate di Guedes e Savio, arrivate nel finale del successo sul Benfica.
EPPURE. Raul Albiol ha una carriera che lo raffigura ed i suoi primi sei mesi napoletani furono immediatamente un successo, per carisma, per eleganza, per capacità espressiva nella fase difensiva ed in quella di costruzione: poi scoppiò la crisi, personale e del settore, che per un anno è stato scandito da una serie di disattenzioni generali e dalle difficoltà dello spagnolo. Che con Sarri è tornato ai suoi livelli abituali, anzi è andato oltre: perché tra gli intoccabili Albiol ha avuto un posto privilegiato e fino a quando i muscoli non lo hanno abbandonato, non era mai entrato nel turn-over, tranne gli ultimi minuti della gara con il Milan. Mica sono deduzioni, queste.
La Redazione