Nelle ultime stagioni molti calciatori del nostro campionato spesso si infortunano tra gare di campionato, internazionali e sfide di qualificazioni e si cerca una valida spiegazione per capire di tutti questi stop improvvisi. Il Corriere dello Sport ha intervistato l’ex calciatore di Napoli, Perugia, Avellino e Inter, Salvatore Bagni sulla modalità di questi infortuni.
Da giocatore non si infortunava quasi mai, da cosa è dipeso secondo lei? «Non ho mai saltato una partita per infortunio, credo sia una cosa più unica che rara. Penso che ognuno debba conoscere il proprio corpo e saperlo gestire, poi è chiaro che ci vuole anche molta fortuna. Io arrivavo al giorno della partita al massimo della condizione, con una preparazione mirata allenandomi sempre con costanza».
Quanto incide il fattore psicologico? «Moltissimo, credo che alcuni infortuni possano essere causati anche dallo stress. Io sono sempre stato molto sereno a livello mentale e tendevo sempre a scherzare e ridere, l’importante è lo spirito con il quale si entra in campo la domenica. Anche perché il mio riscaldamento diciamo che era sempre molto blando prima della partita, giusto qualche scatto nello spogliatoio».
Ma ci sono calciatori che nascono propensi agli infortuni? «Sicuramente anche la fascia muscolare fa la differenza. Quando un giocatore si infortuna una volta, successivamente potrebbe aver paura anche di fare un contrasto, non è più libero mentalmente. Io non ho mai avuto questi problemi: quando ho smesso di giocare ho continuato per vent’anni a scendere in campo tra gli amatori facendo partitelle con gli amici, e anche in quelle occasioni non ho mai subito nessun infortunio».
Una volta si vedevano meno infortuni rispetto al calcio di oggi, come mai secondo lei? «Il calcio si è velocizzato, si lavora molto di più in palestra e anche questo può incidere in negativo sul proprio corpo, perché facendo un lavoro eccessivo si rischia di sforzare troppo la muscolatura».
Prima forse si stringevano di più i denti quando ci si faceva male? «Non si può uscire solo per una bottarella, altrimenti si dovrebbe stare sempre fuori dal campo. Una volta ci si picchiava molto di più, anche perché non c’erano tutte le telecamere che ci sono oggi. A me solo una volta è capitato di stringere i denti e giocare con la fasciatura a causa di un’infiammazione che avevo fin da piccolo».
La Redazione