Dal 1995 al 1999 Vincenzo Montefusco è stato alla guida del settore giovanile del Napoli. Un po’ da dirigente ed un po’ da allenatore della Primavera, squadra con la quale si è tolto anche la soddisfazione di battere in fila di Coppa Italia l’Atalanta nel 1997, storicamente una delle migliori realtà giovanili d’Italia.
Come è iniziata la sua avventura in azzurro? «Venivo dalla serie B dove avevo allenato il Pisa, quando mi chiamò Ferlaino per affidarmi il progetto».
Che ricordi ha della sua esperienza nel settore giovanile del Napoli? «È stato un periodo fortunato perché al di là dei risultati sono venuti fuori giocatori di valore come i vari Cannavaro, Floro Flores e tanti altri».
E oggi? «Mi sembra che oltre a Lorenzo Insigne non ci sono altri giocatori del Napoli che provengono dal settore giovanile e giocano stabilmente in prima squadra».
Cosa è cambiato? «Non c’è la mentalità giusta: si dovrebbero creare le basi per il settore giovanile perché con tutti i problemi che c’erano ai nostri tempi io avevo tutto sotto occhio. Ci allenavamo tutti a Marianella e avevo modo di gestire tutto».
Ma come mai lei è andato via? «All’inizio della gestione De Laurentiis, il direttore generale Marino mi mandò a vedere alcune strutture ma non se ne è fatto mai niente. Andavo girando tra Palma Campania e Giugliano. E così decisi di andare via per non rovinare il lavoro fatto in quegli anni».
A proposito, ai suoi tempi è arrivata anche la vittoria in Coppa Italia contro l’Atalanta nella stagione 96-97 . «Era la squadra allenata da Prandelli con Morfeo che era la stella in campo. Vincere a Bergamo fu una grandissima soddisfazione. Al termine di quella sfida mi trovai a parlare con Favini, il loro responsabile del settore giovanile che mi disse dei loro investimenti: spendevano 2 miliardi e mezzo di lire».
Quindi pensa che nel Napoli di oggi manchino gli investimenti giusti? «Assolutamente sì, altrimenti si perde solo tempo. Già a quei tempi la Roma e la Lazio avevano grandi strutture ed oggi raccolgono i frutti».
Investire solo sulle strutture? «No: servono anche istruttori di un certo livello. Sotto la mia gestione presi tutti ex calciatori, gente che aveva giocato in serie A ed avevo gli allenatori più bravi di quel settore. Musella, Caffarelli e Abbondanza, tantissimi ex calciatori che per i giovani erano un vero e proprio modello da seguire».