Poi uno si chiede: ma cos’è il calcio, se chi gioca meglio non (sempre) riesce a vincere? E la domanda (carogna) che sorge spontanea resta lì a galleggiare nel vuoto pneumatico che non consegna risposte. Perché, ed è dimostrabile, tra gli arazzi e gli stucchi e le tele e le pennellate d’autore d’un football incantevole, va a finire sempre che a qualcuno scappi via il barattolo di vernice: pure a Istanbul, nella Bellezza d’una serata galante, è successo di ritrovarsi languidamente appesi all’interrogativo e le notti, che a De Laurentiis portano evidentemente qualche consiglio (tecnico-tattico) è venuta l’Idea di rivoltare, ritoccare, riverniciare il suo Napoli, rimescolando sulla stessa tavolozza i colori del passato, quelli sistemati nel sottoscala appena a settembre 2015. «Io sono tranquillo sul valore e sull’andamento della squadra: nei primi venti minuti, abbiamo giocato solo noi. Non voglio dare suggerimenti, ma penso che magari per Gabbiadini possano essere studiate altre soluzioni, magari il 4-3-1-2, che Sarri conosce alla perfezione».
ROMBO AL FORNO
I presidenti sono degli amabili provocatori, rientra quasi tra doveri che si potrebbero definire «istituzionali», e De Laurentiis ha per eccezione una regola consolidata nel tempo, negli anni, nella stimolazione dialettica: quella di alimentare il dibattito in se stesso per ognuno dei suoi tecnici. Era successo con Mazzarri, al quale chiedeva la difesa a quattro («perché è più internazionale») e poi con Benitez, con il quale un giorno alluse alla difesa a tre; mica poteva sottrarsi proprio adesso al giochino: un anno fa, dopo tre partite, il sogno del tridente, con il quale mandare in soffitta il rombo, lo solleticava e se lo ritrovò proprio con la Lazio (dopo che Sarri l’aveva felicemente provato con il Bruges) e dodici mesi dopo, riecco il contrappasso che riconduce al trequartista. «Hamsik da mezz’ala va benissimo, e si vede, però con Benitez ha fatto anche il trequartista. Adesso tutti crocifiggono Gabbiadini, ma ha saltato due partite, dopo aver commesso un gesto che non gli appartiene. Sta carburando, mentalmente. Gli è scappato un gesto mai fatto prima. Adesso ha messo carburante mentale. Abbiamo il più bel centrocampo che si potesse desiderare e dobbiamo aspettarci da questo reparto grandi cose, anche di vedere Rog».
NOI COMPRIAMO
De Laurentiis, nella qualità di presidente & manager, è alla ricerca di quella felicità perduta da Manolo Gabbiadini, un capitale in termini tecnici ed anche economici, da tutelare almeno sino a gennaio, quando poi si riaprirà la rumba del mercato e sarà un bel sentire. «Ci pensiamo sempre. L’incidente di Milik non poteva essere previsto, però noi speriamo di riavere il ragazzo con noi già dal 15 gennaio. Non è facile trovare un centravanti che sappia entrare nella filosofia di Sarri, tant’è vero che sono tre anni che continuo a parlare di Aubameyang ma adesso ho capito perché non sarebbe adatto a noi. Molta gente mi dà consigli, ma alla fine sono gli allenatori che scelgono: io avrò fatto quindici nomi a Maurizio, ed è giusto che sia lui a scegliere».
PROSSIMO STADIO
Attraverso radio Kiss Kiss, mentre l’eco della «Vodafone Arena» sembra ancora stia sfondando i timpani, De Laurentiis rivive quell’atmosfera percepita in tv d’uno stadio a misura d’uomo. «Sono rimasto meravigliato dal sostegno incessante di quella folla, credo pari solo a quella del Borussia Dortmund. La verità sugli stadi è una: in una classifica specifica, l’Italia è ultima per presenza. E poi il mondo sta cambiando, dobbiamo agire, non bendarci gli occhi, né indorare la pillola e raccontare stupidaggini. La sicurezza degli impianti attuali è inesistente e in Italia andrebbero chiusi tutti. Qui ci si divide in buoni e cattivi: De Magistris, brava persona ma un politico, rientra tra quelli bravi perché ne vuole uno da sessantamila posti e io no, perché penso che uno più piccolo sia più utile e funzionale. Però dobbiamo guardare anche al sociale, ad altro, ed io sto pensando ora a come sostenere i terremotati».
Fonte: CdS