La solitudine del numero primo (ed è il 23) è in quell’istante in cui intorno c’è il silenzio ed anche un pizzico di paura: rigore, e ne avevano appena sbagliato uno, con il San Paolo che osserva il cielo e Gabbiadini che sa cosa deve fare, prendere il pallone, incollarselo al torace, tenerlo tutto per sé, perché non ci siano (più) dubbi, perché la smettano di pensare che non abbia carattere. «Io vivo serenamente, se soffrissi le pressioni non giocherei nel Napoli. Sono tranquillo, mi alleno, vado in campo e cerco di dare il massimo». La solitudine d’un numero primo è in quella fotografia di Napoli-Besiktas e Gabbiadini, il Grande Escluso, avanza lucidamente verso il dischetto, punta al cuore del problema, lo abbatte e si regala una certezza, da dispensare alla Napoli abbandonata ai pregiudizi. «Io sono fiero di essere qua, anche se ho giocato poco. Ma i numeri sono dalla mia parte, per presenze e gol. Sono un attaccante che sa adattarsi ai moduli e alle posizioni, che ha un tiro potente». E’ il centravanti più discusso, suo malgrado, di questa fase della stagione: l’unico, a disposizione di Sarri, finito però in panchina (anche) con il Besiktas. Un’ora abbondante da riserva, di lusso, dopo aver sprecato i 57 minuti con la Roma: e stavolta non c’era Higuain, non c’era neppure Milik, non si scorgevano ombre, se non in lui. «Mi spiace per Milik, sinceramente, come mi dispiace per Montolivo: faccio gli auguri ad entrambi, affinché si riprendano in fretta. Chi gioca nel Napoli, non può che esserne orgoglioso, come lo sono io: ho avuto poche possibilità, di recente, ma continuo ad impegnarmi. L’anno scorso, quando si fece male el Pipita e toccò a me, la gente mi fermava per strada, mi faceva sentire un po’ troppo importante. Ho vissuto in maniera strana quel periodo, ma i compagni m’hanno aiutato».
Fonte: CdS