Psicologo e psicoterapeuta, è stato mental coach di vari campioni dello sport, da Federica Pellegrini a Carolina Kostner e nel calcio tra gli altri di Perin, Aquilani, Burdisso, Crespo. Daniele Popolizio non ha dubbi: il blocco di Manolo Gabbiadini è soprattutto mentale. E adesso occorre un cambio di rotta, da parte sua e di Sarri. Partiamo da sabato:
Come ha visto Gabbiadini contro la Roma? «Quando è iniziata la partita lui era ancora negli spogliatoi. La Roma non ha preso gol perché in avanti c’era Gabbiadini. Se ci fosse stato Milik staremmo parlando di un’altra partita».
A fine gara i primi fischi del pubblico che lo aveva sempre sostenuto. «Dal punto di vista psicologico il giudizio del pubblico ha sempre un peso sull’atleta, soprattutto nel calcio. Gabbiadini può accusare il colpo. Poi c’è la seconda variabile, la propria personalità. Higuain, ad esempio, aveva una personalità simile a quella di Manolo». Non si direbbe. «Gonzalo aveva lunghi passaggi a vuoto all’inizio, poi ha preso fiducia e si è convinto, andando sull’entusiasmo. Manolo ha avuto il percorso inverso».
Ieri il cambio dopo 55′ e sullo 0-2: rischia di essere un’altra mazzata? «Se è stata una mossa per provocarlo, Sarri ha scelto momento e modo sbagliati, ovviamente dal mio punto di vista specialistico e non tecnico. Lippi e Capello non toglievano mai i loro campioni quando si impallavano. Se li cambi, rischi di perderli per tutto il campionato».
Qual è il problema di Manolo? «Per il 70 per cento è mentale, per il 30 tecnico-tattico. Sportivamente sembra poco cattivo. Un caso simile a Roma è stato Dzeko, arrivato con grandi attese ma deludente all’inizio. Spalletti lo ha pungolato molto sulla cattiveria agonistica, lui ha cominciato a dare di più. Gabbiadini mi sembra nella stessa situazione: andrebbe preparato diversamente a livello mentale. Non aggredisce mai la partita, tanto è vero che rende di più quando entra a gara in corso, quando non ha sulle spalle tutta la responsabilità. Solo alla Samp, con Mihajlovic allenatore, è stato diverso. E qui entra in gioco la terza variabile, il rapporto con l’allenatore».
Com’è quello con Sarri, secondo lei? «Non mi pare ci sia molto feeling umano e tattico. Manolo va in crisi anche perché è fuori ruolo. Non è l’unico motivo, altrimenti avrebbe sempre fatto flop da prima punta e invece ha segnato tanto. Però sarei curioso di vederlo pungolato, con una vera fiducia attorno e nel proprio ruolo».
A proposito di fiducia: prima all’ombra di Higuain, poi dietro Milik. «Non mi è piaciuta la gestione dell’atleta da parte del suo entourage, che voleva far andare via il giocatore mentre il Napoli voleva tenerlo, più di altri. Bisognava fare il contrario. I veri top player sanno che esistono dinamiche delicate con i club, che basta un attimo per perdere il feeling e creare attriti. In queste situazioni, a mio avviso, devi far capire che hai il coraggio di giocartela e te ne andrai solo se non ci sarai riuscito. Qui si è cercato di proteggere il capitale».
Cioè? «Come mental coach mi sembra che il calciatore non si sia messo in discussione. Il Napoli non è andato a prendere Suarez ma Milik: calciatore forte per carità, ottimo talento. Ma con cui te la puoi giocare. A Pescara, nella prima partita di campionato, Gabbiadini era titolare. La differenza è che Milik ha deciso le partite quando è entrato e Gabbiadini fa lo spettatore. Ora è il suo atteggiamento mentale. Non si confronta, ha la percezione che tutto il contesto non è per lui».
Come sbloccarsi, allora? «Manolo deve cambiare strategia e mettersi in gioco da zero. Il mister deve metterlo in campo, pretendendo molto da lui, dandogli fiducia e rinforzandolo mentalmente, visto che Milik starà fuori tanto. Magari inventandogli un altro ruolo, finché non si sblocca».
La Redazione