“La maledizione di Guttman? Ma io sono cattolico fervente, vado in giro con l’acqua santa, figurarsi se mi facevo intimidire da quella credenza che circolava a Lisbona».
La «velha raposa», la vecchia volpe, come chiamano in Portogallo Giovanni Trapattoni racconta il suo Benfica, l’anno del suo trionfo nel campionato lusitano, i successi nelle coppe internazionali e le delusioni e avverte:
«Il Benfica è una squadra con una grande storia. Ma la storia non va in campo: ci vanno i giocatori. E quelli del Napoli mi sembrano più forti».
Trapattoni, questo Napoli vola anche senza Higuain? «L’ho sempre detto: la chiave per vincere è far comprendere che tutti sono utili ma nessuno è indispensabile».
E Sarri ci è riuscito alla svelta? «Vuol dire che lui è bravo a spiegare e i suoi ragazzi bravi a capire»
Un bel girone, con il Benfica e il Napoli favoriti? «Credo proprio di sì, che il turno lo passeranno proprio loro. Quando arrivai io a Lisbona non vincevano il titolo da 11 anni: era un ambiente viziato, che viveva nel passato, continuavano a pensare al Benfica di quando giocavamo io e Eusebio».
Anche Sarri ha dovuto mettere in fretta il passato alle spalle? «Ha un gioco offensivo, spettacolare, con un rendimento elevato. Ma ha un grande equilibrio tattico, perché altrimenti non si vincono le partite. Guardo sempre con piacere giocare il Napoli e sono curioso di vederlo in azione in Champions: riuscirà il Napoli a imporre il suo gioco come in serie A? Queste sono serate speciali, nelle quali i giocatori possono avere dei rendimenti differenti rispetto al campionato. Perché le motivazioni possono fare la differenza».
Milik a Kiev ha avuto un esordio da grande attaccante. Fino ad adesso un bello di notte? «Ma mi pare che anche in campionato stia segnando con una certa continuità. È un attaccante potente, per certi versi anche piuttosto freddo. A Napoli sono sempre abituati ai sudamericani che lì si trovano quasi a casa loro. Questo ragazzo che viene dal Nord Europa mi sta stupendo. In positivo».
Polacco. Come lo era il suo Boniek. «Nelle sere di coppa diventava un altro. Il fascino di certe notti fa scattare nei giocatori delle molle difficili da poter decifrare».
Rispetto a dieci anni fa è cambiato molto il Benfica? «Certe caratteristiche sono rimaste intatte: un gioco lento, un misto di Europa e Africa. Negli ultimi anni sono tornati in prima linea tra Europa League e Champions. Soprattutto con il Porto».
E lei cosa portò? «Un certo pragmatismo. Spettacolo, certo, ma tenendo ben in mente il risultato». Forse solo nel 1983 ai nastri di partenza della Champions, c’era una Juventus così attrezzata per vincere. È d’accordo? «La Juve di quest’anno è forte, fortissima e può contendere a inglesi, al Bayern e alle tre spagnole la coppa. Ma se mi dice 1983, però, mi viene il bruciore di stomaco ripensando a Magath e alla finale di Atene».
E il Napoli che parte può .recitare in questa Champions? «Un passo alla volta. Per prima cosa garantirsi il passaggio agli ottavi e poi incrociare le dite: un buon sorteggio, una buona dose di fortuna e magari può anche sognare… Però io fossi negli azzurri penserei soprattutto ad arrivare fino in fono al campionato».
Chi deve temere il Napoli? «Luisao era già nel mio Benfica, è un esempio di serietà professionale e carattere e nonostante abbia la sua età, nel gioco aereo domina l’area e può insegnare a tutti cos’è la professionalità».
Chi di questo Napoli porterebbe in una sua squadra? «Tanti, ma in particolare c’è lo spagnolo che gioca sulla fascia, Callejon, che sotto il profilo tattico è una manna dal cielo. Grazie a lui Sarri ha sempre un uomo in più: quando attacca e quando difende».
Il Napoli è Maradona, il Benfica è Eusebio. «Ci ho giocato contro, in quei tempi era il più veloce sulla terra. Lo affrontai tante volte, come a Wembley. Vincemmo la finale di coppa dei Campioni battendo in finale con il Milan proprio i portoghesi».
L’anno prima era scattata la maledizione di Guttman che, dopo il suo addio, disse che mai nei prossimi cento anni il Benfica avrebbe vinto la Coppa dei Campioni? «Mi ha perseguitato a Lisbona questa storiella. Ma io ero uno che passava le ore libere a Fatima, sono cattolico credente, porto con me l’acqua santa, figurarsi se mi facevo intimidire».
Ma la Champions lì, dopo il titolo, non l’ha giocata però? «Avevo un altro anno di contratto ma andai in Germania e poi in Austria. Non me la sarei mai presa con Guttman se non l’avessi vinta, però…».
C’è una morale, alla fine, che vuole trasferire a Sarri per provare ad andare avanti in Champions? «Non ascolti nessuno e non si lasci impressionare dalle tensioni dell’ambiente. Ogni piazza vuole sempre di più ma lui ignori tutto, col Napoli potrà fare moltra strada in Europa e in Italia»
Fonte: Il mattino