Chi può fermare la Juve? Solo il Napoli, lo dice Prandelli

«Non è facile nulla alla quinta giornata di campionato, neppure affrontare il Crotone o il Cagliari in casa, figurarsi il Genoa a Marassi». Per Cesare Prandelli, uno dei ct più amati dagli italiani, quello di oggi non è ancora il giorno giusto per rincorrere le risposte vere su gerarchie, equilibrio, novità, conferme e declini di questa serie A. Prandelli, sembrava ci fosse il vuoto tra la Juve e le altre.

Invece… «E invece la vittoria dell’Inter di domenica ha dato morale al Napoli, all’Inter e a quelle squadre che sono state costruite con l’intento di poter lottare per il vertice del campionato, pronte ad approfittare delle eventuali difficoltà dei bianconeri».

Può una squadra così forte non vincere lo scudetto? «Dopo l’estate del 1982 da noi alla Juve, il cui blocco aveva appena vinto il campionato del mondo in Spagna, arrivò Michel Platini. Nei primi sei mesi non riuscì a capire praticamente nulla del mondo in cui era capitato e quella Juve fece una fatica enorme e alla fine lo scudetto lo vinse la Roma di Falcao».

Dunque, può starci che Higuain finisca in panchina se non è al top? «Credo che Allegri sia consapevole che quando un campione così finisce in panchina, un po’ di sorriso lo perda. E non è mai un bene che questo avvenga. Detto questo, nessuno meglio del tecnico della Juve sa chi deve andare in campo e chi no».

Il Napoli di Hamsik può fare come la Roma di Falcao? «Beh, io dico che tra le pretendenti al trono della Juve, il Napoli è quello che sta più avanti di tutte. Semplicemente perché, al di là delle chiacchiere e dei timori dell’ambiente, la squadra non ha mai vissuto con angoscia l’addio di Higuain. Anzi, la sua partenza ha determinato una crescita motivazionale di tutti gli altri».

Insomma, quasi un bene? «Sarri ha un vantaggio rispetto a Spalletti, De Boer, Montella e altri: ha un impianto collaudato alla perfezione, ha un gioco di grande affidabilità. In un quadro del genere, cambiare i solisti lascia immutato il valore dell’intera orchestra».

Non le sembra la squadra azzurra un po’ fragile in difesa quando subisce il gioco degli avversari? «È evidente che Sarri preferisca difendere attaccando, ovvero tenendo la palla nella metà campo degli avversari. Ma non mi pare che possa esserci motivo di preoccupazione se, in 90 minuti di gara, la squadra abbassi il baricentro e tiri il fiato. Non conosco nessuno che non lo faccia».

Ma non è che alla fine sarà più Higuain a rimpiangere la maglia azzurra? «Non lo so. Penso che Sarri sia riuscito in fretta a far dimenticare ai suoi compagni Higuain e il suo ruolo centrale di finalizzatore del gioco. Capitò di dover fare la stessa cosa anche a me, nel 2007: a Firenze Luca Toni se ne andò al Bayern Monaco dopo aver vinto una Scarpa d’oro e segnato tantissimo in due stagioni con la Fiorentina. Dopo la sua partenza mi toccò il compito di fare capire agli altri che dei gol che faceva lui dovevano farsene carico loro».

Per Allegri la condanna è quella di dover vincere costi quel che costi? «Mi sembra che per certi versi questa situazione già sia esplosa. Ha fatto bene Bonucci a lamentarsi per i fischi durante la gara con il Siviglia: l’idea che la Juve faccia gol al primo calcio d’angolo o che non ne prenda mai nessuna rete ovviamente può essere un problema in più».

C’è solo il Napoli come anti-Juve? «Roma e Fiorentina non hanno la stessa identità e solidità di gioco che ha Sarri. Né la personalità del Napoli. Ma è un campio per tutti i giochi sono fatti».

Sorpreso dall’esplosione di Milik? «Lo conoscevo bene: vede la porta, annusa l’area, ha senso della posizione. È arrivato libero mentalmente e sta dimostrando che non è poi un peso così insopportabile prendere il posto di un grande campione come Higuain».

Difficile, adesso, mantenersi a questi livelli? «Beh, Kalinic l’anno scorso ha avuto una partenza molto simile a quella di Milik. Anche lui era arrivato in sordina. Gli alti e bassi, soprattutto per una punta, sono una cosa naturale. Solo Higuain l’anno scorso segnava ogni domenica…».

De Laurentiis è in Cina in cerca di sponsorizzazioni, Milan e Inter sono nelle mani di potenze economiche orientali. Che ne pensa? «L’arrivo dei capitali dall’estero non è una cosa negativa, anzi. Ma quello che a mio avviso non deve essere perso di vista è che nelle società devono poi restare quelle persone che tengono in vita la storia di quel club, i valori della città, il senso dei colori della maglia».

Insigne non vive il suo momento migliore. Che consiglia gli dà? «Deve stare sereno, non vivere come un’angoscia il fatto che qualche volta vada in panchina. Non è un dramma, non deve esserlo. Deve pensare solo che bastano anche venti minuti per un colpo magico e per mostrare le proprie qualità. Lui ne ha da vendere, è un attaccante completo che vede la porta ma difende anche».

In Champions, che prospettive per il Napoli e la Juve? «Credo che come mentalità abbiano poco da invidiare ai top club europei: la squadra di Allegri può arrivare davvero fino in fondo».

Stasera c’è Genoa-Napoli, un test importante? «Sì, ma basta parlare di prove di maturità. Il Napoli non deve dimostrare più nulla: affronta la gara da capolista, ma non penso che sia un peso insopportabile da portarsi addosso. La gara di Marassi è difficile a prescindere, perché questo è un Genoa brillante».

Fonte: Il Mattino

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