Due punti fermi per il tecnico ucraino Serhiy Rebrov: Vida al centro della difesa e Yarmolenko sulla fascia, anzi sarebbe meglio dire «dove preferisce agire». Il primo ha il compito di alzare la diga davanti al portiere e, perché no, far visita all’attacco sulle palle inattive per far valere i suoi centimetri e il suo prodigioso stacco di testa. Lo ha fatto vedere già con la maglia della Croazia nell’ultimo Europeo quando è stato spesso e volentieri il più pericoloso dei suoi nelle sortite offensive. L’altro, l’idolo di casa Yarmolenko, è la stella. In 171 gare con la maglia della Dinamo Kiev ha già segnato 68 gol, numeri che devono far riflettere, e non poco, se si considera che il suo «primo lavoro» è quello di far segnare gli altri. A metterli in campo c’è una vera e propria leggenda del calcio dalle parti di Kiev: Serhiy Rebrov. Lui che è stato idolo da calciatore con la maglia della squadra della capitale ucraina, è cresciuto come allenatore praticamente in casa. Prima sulla panchina delle squadre giovanili, poi come vice e dal 2014 come primo allenatore. Risultati? Subito due titoli, uno del 2014-15 e l’altro l’anno successivo. A dimostrazione del fatto che la mentalità vincente che aveva in campo non lo ha minimamente abbandonato ora che siede in panchina. Ha sollevato praticamente tutto quello che gli sia capitato per le mani da quando è diventato allenatore della Dinamo Kiev. Oltre ai due campionati, anche due coppe nazionali e una super coppa. Il suo è un calcio offensivo che fa affidamento alle giocate dei singoli – quelle di Yarmolenko su tutti ma anche di Gonzalez sulla fascia opposta – ma che punta anche a incassare meno gol possibile. Quando il Napoli farà visita alla Dinamo Kiev si ritroverà a giocare allo stadio Olimpico, quello dove fu amaramente eliminato dal Dnipro due anni fa in semifinale di Europa League, ma anche quello dove l’Italia subì la pesante sconfitta per 4-0 dalla Spagna nella finale dell’Europeo del 2012. Fonte: Il Mattino