Settembre poi verrà: e lascerà che passi questa malinconia, il senso di soffocamento di un agosto che ormai sta diventando «maledetto». E’ l’estate che fa ribollire Insigne, l’afa opprimente e gocce di sudore che scivolano nella schiena come irritanti granelli di sabbia: cinquantatré minuti per tenersi dentro (soltanto) l’applauso dell’Adriatico, la culla della sua carriera, la gratitudine per quel trionfo che rimane; poi, nient’altro, o forse la consapevolezza che stia per azionarsi – e ancora – il frullatore delle vigilie che verranno, l’eterno ballottaggio con Mertens, e quel venticello vagamente calunnioso che s’avverte sui social. Domenica 21, di agosto ovviamente: che non è un mese nel quale si resiste facilmente, per Insigne, a questo clima torrido scatenato dal 2-2 di Pescara, però certificato da Dries Mertens, l’«altra espressione» della corsia di sinistra, il «duellante» per antonomasia d’una sfida all’ultimo dribbling ed all’ennesimo gol.
IL PRECEDENTE
Martedì, 19: di agosto, chiaramente, e dell’anno 2014: sembra un’eternità, e invece siamo appena a settecento giorni fa, più o meno, praticamente un battito di ciglia dell’esistenza, pure di quella professionale. E’ in quella sera che si consuma il primo, clamoroso e doloroso strappo, nel San Paolo che lo fischia durante Napoli-Athletic Bilbao. E’ una sfilata dolorosa, una quarantina di metri di campo – per raggiungere la panchina, dopo il cambio – che diventano un tormento, che pungono nelle testa, che lo spingono ad agitare le mani, «fate, fate pure», che poi gli strappano le lacrime. Gli esami per la maturità sono appena cominciati e, mica falso, non finiscono mai.
IL CONTRATTO
Il calcio è varie cose, mica solo tunnel e veroniche, pallonetti (come quello al Torino) e capolavori (la punizione al Borussia Dortmund, per dirne uno); il calcio è tecnica, ma anche immagine, che mediaticamente viene sottoposto ormai al giudizio impietoso d’una critica ch’è ampia, che non sta solo sugli spalti ma anche in quel mondo virtuale in cui basta un clic per scatenare il processo. Pescara è la spiaggia successiva al capitolo-rinnovo, all’evoluzione di una analisi senza quartiere che esplode via etere e anche tra facebook e dintorni nel momento in cui viene resa nota – da uno dei suoi procuratori – la distanza rilevante per arrivare all’accordo con De Laurentiis: «Tre società, tra le più importanti d’Europa, sono pronte a metter soldi importanti per prenderlo». E’ come lanciare un boomerang nel cielo di Napoli, o anche nelle sue viscere, scavando dentro l’umore d’una città ch’esigente, rigorosa, asfissiante, severa, riconoscente e che può incollerirsi, anche perché è ancora sanguinante la ferita per l’addio di Higuain. E poi Insigne, poverino, deve combattere contro quel tipico pregiudizio che rende arduo l’umanissimo desiderio d’essere profeta in Patria. Ce l’hanno spiegato sin nelle fasce, che «nemo» lo è… O che costa sacrificio diventarlo.
Fonte: Corriere dello Sport