Ottavio Bianchi al microfono de Il Mattino tra passato e futuro:
«A me dissero: migliora il terzo posto. A Sarri dico: migliora il secondo posto».
Trent’anni fa, di questi tempi, il Napoli di Ottavio Bianchi si preparava ad affrontare la prima trasferta della stagione, a Brescia. Nessuno sapeva ancora che sarebbe stata la prima tappa di una cavalcata che a maggio avrebbe portato al primo scudetto della storia.
Bianchi, i tempi sono un po’ diversi, o no? «Anche allora la Juventus era la squadra da battere, come mi sembra lo sia per diritto acquisito adesso. Ma i campionati non si vincono a caso o per grazia ricevuta: i bianconeri hanno dimostrato di saper vincere anche sbattendo il pallone in tribuna. È stata la sua forza».
Lei è sempre stato superstizioso: sa che vuol dire che Sarri deve migliorare il secondo posto? «Per me questo Napoli può lottare per lo scudetto. E lo può anche vincere. Ma con un paio di condizioni, però…».
Prego. «Che si smetta di rimpiangere Higuain o di pensare a lui come un traditore. Basta. Per prima cosa perché è una mancanza di fiducia e anche rispetto per chi dovrà giocare al suo posto. E poi perché il punto debole del Napoli è stato sempre lamentarsi per le cose che subisce. C’è una signora squadra, anche io nell’86 iniziai la stagione un po’ deluso per qualche acquisto che non era arrivato (Junior, ndr): ora c’è l’amarezza per l’addio di Higuain ma ci sono Gabbiadini e Milik mica due sbarbatelli… E poi la cessione dell’argentino è stata un affarone per tutti».
Dunque, in pole la Juve e dietro il Napoli? «E così, ma tenendo conto che siamo solo alla fine del giro di prova perché certe macchine, se hanno avuto molti cambiamenti, potrebbero non avere un rendimento alto all’inizio…».
Insomma, persino alla Juve serve fare del rodaggio? «Più degli altri: ha tutti reduci dagli Europei, Allegri ha potuto lavorare con la difesa titolare solo negli ultimi dieci giorni. Credo che possa incontrare delle difficoltà nelle prime curve».
E poi dietro a Juve e Napoli? «La gestione perfetta del caso Totti mi fa dire che la Roma ha fatto un gran salto di qualità: lì la chiave di tutto sono le tensioni interne e i rapporti con l’ambiente esterno. Ha sopperito alla partenza di Pjanic e mi sa che se non avrà pause lunghe, sarà in corsa per il titolo fino alla fine».
Una bella notizia, dopo i monologhi degli ultimi anni… «Interrompere l’egemonia della Juve non sarà semplice e neanche facile. Ha comprato sicuramente i giocatori migliori, proprio come faceva Boniperti negli anni 70 e 80, ma non sempre chi si assicura il top ha poi vinto lo scudetto. E questo è il bello del campionato italiano e un po’ di tutto il calcio: una squadra può essere grandissima, ma se non ha le caratteristiche d’umiltà e di grinta della piccola squadra può affondare».
E l’Inter? «A meno che De Boer non abbia la bacchetta magica, difficile poter pensare che questa squadra possa inserirsi nei giochi di vertice. Credo poi che queste proprietà straniere non aiutino a vincere: tutti credono che vengono qui solo per darsi lustro. Ma io ci credo poco: cinesi o americani, se investono soldi lo fanno solo per un tornaconto economico. Non certo per farsi belli».
Che impressione le fa l’addio di Berlusconi? «Doveva farlo prima. Il suo Milan è in caduta da quando ha pensato di mettere in panchina ex giocatori senza storia pensando che il mestiere di allenatore si improvvisa e si inventa dalla sera alla mattina. E poi quante intromissioni tecniche».
Higuain e qualcun altro: di campioni veri ce ne sono pochi nella nostra serie A. «Per questo è un bene che Higuain sia rimasto in Italia, poi per il resto che sia un campionato inferiore alla Premier, alla Liga e alla Bundesliga lo dimostrano tanti dettagli. Per esempio, i vari Cerci, Immobile una volta che sono andati lì a mettersi alla prova, hanno capito che era meglio tornare in Italia».
Però, almeno i tecnici? «Perché siamo maestri di tattica. Perché i nostri sanno vincere anche senza pilotare una Ferrari… è facile arrivare primi al traguardo con la migliore delle monoposto, ma ci vuole bravura a farlo con una vettura di Formula Uno di qualità inferiore».
Insomma, trent’anni dal primo scudetto... «Ecco, Sarri non ci pensi. Pensi solo che il suo compito è quello di migliorare l’ultimo piazzamento. Noi eravamo arrivati terzi, potevamo anche piazzarci secondi… Invece vincemmo lo scudetto”