L’ editoriale dalle pagine de Il Mattino:
“C’è anche il mercato interno col rinnovo dei contratti, gli adeguamenti, i premi di buona volontà e per i successi raggiunti, i rapporti con i giocatori. I procuratori fanno il loro mestiere e anche di più. Bussano a danari ad ogni piè sospinto fregandosene delle scadenze dei contratti. Bisogna saperli fronteggiare e anticipare. Nel Napoli non succede. Nel Napoli, attraverso il cinguettio dei media che i procuratori sanno sfruttare bene, nascono subito i casi, gli scontenti, i malumori, i messaggi di disagio. In questi giorni è il caso di Lorenzo Insigne, il cui procuratore manifesta aperta contrarietà al trattamento del Napoli nei confronti del suo assistito. La società ha rinviato quattro volte un incontro per una intesa sull’ingaggio. Ci sono almeno tre grandi club, asserisce Fabio Andreotti, che tutela gli interessi di Insigne, pronti a prendere il delizioso scugnizzo di Frattamaggiore. Non ne fa i nomi, ma insomma chi non vorrebbe Insigne? Dall’inizio del ritiro a Dimaro c’è il caso Koulibaly che aspetta segnali di considerazione da parte del Napoli mentre lo vorrebbe l’Arsenal. Su Koulibaly pugno duro di De Laurentiis, su Insigne il silenzio. Un grande club come il Napoli, in questi cinque anni secondo in Italia per punti conquistati dopo la Juve e seconda squadra italiana nel ranking Uefa, sempre dopo i bianconeri e notevolmente avanti a Milan e Roma, dovrebbe saper gestire meglio casi del genere. Ma qui torniamo a un discorso stantio, troppe volte ripetuto e assorbito dal silenzio del Napoli. La squadra è da primi posti, la società no. In parole spicce: la società non esiste. De Laurentiis è stato abile e fortunato sinora in molte scelte e in affari vantaggiosi, ma non può pretendere di condurre da solo una società di calcio dei tempi d’oggi. Il Napoli ha bisogno di una struttura adeguata, non del solo consiglio di amministrazione gratificato dai dividendi. Ha bisogno di gradi intermedi fra il presidente e la squadra. Ha bisogno di competenza, fedeltà, autorevolezza e savoir-faire. Il Napoli ha tanti problemi in ballo, lo stadio in testa, il settore giovanile, l’impiantistica, ma anche una sede sociale decente localizzata in città. Il Napoli non può essere Castelvolturno. In Champions non può presentarsi dislocato alla periferia cittadina, anzi con un accampamento in provincia di Caserta. Nessuna delle tante problematiche accennate ha mai avuto una risposta concreta da parte della società azzurra. La querelle sullo stadio, fra il Napoli e il Comune, è ormai degna di una commedia di Scarpetta. La scugnizzeria, cioè un adeguato e produttivo settore giovanile, è stata una trovata estemporanea di De Laurentiis senza seguito. Bella la parola, zero i fatti. Nelle situazioni specifiche, presentate dal malcontento di Insigne e Koulibaly, il Napoli non si comporta da grande club. Anzi, un grande club questi casi non li fa neanche nascere. Mancano, nel Napoli, dirigenti capaci di fare da cuscinetto fra la presidenza e i dipendenti. Tranne alcuni casi di emergenza abilmente sfruttati da Ferlaino, il Napoli ha sempre trascurato, nella vita della società e per la sua migliore articolazione, la partecipazione di ex atleti di prestigio e di sicura fedeltà azzurra, come Juliano e Bruscolotti, per esempio, che potrebbero dare un grande contributo di esperienza, appartenenza e capacità di gestione dei giocatori. Saper parlare con i giocatori, calmarne i malumori, presenti nelle loro esigenze minime, legarli alla storia del Napoli: il Napoli di De Laurentiis non ha nessuno per questo ruolo delicato e importante. Si obietta: nessuno andrebbe d’accordo con De Laurentiis per il carattere prorompente, difficile, assolutista ed egocentrico del presidente. E allora, visto che non è possibile alcun golpe, ci tocca questa società autarchica e familiare i cui limiti sempre più pesanti sono stati sinora coperti dai buoni risultati sul campo. Ma la squadra non resisterà alla lunga se non sarà supportata alle spalle da una società forte, completa, adeguata. Nel calcio è facile che la fortuna giri e il Napoli di De Laurentiis non sembra attrezzato per fronteggiare gli eventuali appannamenti sul campo. I tifosi non sono contenti, a parte le esagerazioni di certe frange. Al mancato contatto con i giocatori si accompagna una comunicazione esterna deficitaria, poco visibile, per niente accattivante, in una parola assente. Il Napoli è accerchiato da società che hanno la voce più grossa, convincente, che sanno curare i rapporti esterni perché hanno le persone adatte. Forse, anche nel caso Higuain, una diversa gestione dei rapporti con l’argentino avrebbe potuto avere un esito diverso. Non basta, poi, definirlo traditore e invitare i tifosi a Dimaro a zompettare «chi non salta è juventino». Questo è folclore, non è calcio moderno, organizzazione, presenza forte, prestigio, attrazione di stima e considerazione. Dopo i 90 milioni di Higuain, per metà già incassati, l’altra metà l’anno prossimo, i tifosi aspettano un grande colpo sul mercato. Il Napoli ha investito sinora 61,5 milioni (12 Tonelli, 1,5 Giaccherini, 33 Milik, 15 Zielinski). Sta inseguendo Icardi, una «jacovella» che deve finire tra i tweet ammiccanti di Wanda Nara e una trattativa mai avviata con l’Inter: basta con i rilanci fasulli, sparare una cifra e fissare un termine, stop. E pensare se non sia il caso di scommettere finalmente tutto su Gabbiadini. Sarri, grande maestro di calcio, può insegnargli i movimenti giusti da centravanti come seppe fare con Higuain portando il Pipita a segnare 36 gol. E c’è Milik, pagato poco meno di Higuain, che promette molto. Forse, il tesoretto che ha in cassa De Laurentiis va orientato verso un difensore centrale e un portiere di sicuro rendimento, visti i mal di schiena di Reina. Ma tutto tace dal Napoli. Neppure una voce poco fa. Neppure la voce del padrone, un disco rotto da tempo. Bisognerebbe adeguare il vecchio slogan del Comandante Lauro: per un grande Napoli-squadra, una grande Napoli-società”.