In Brasile, dove vorrebbe entrare nella storia. Valentino Manfredonia,‘O Taisòn del Rione Traiano, è nato il 29 settembre del 1989 a Jabotao dos Guararapes, 1.870 chilometri da Rio, appunto dove spera di conquistare l’oro olimpico di pugilato.
Adottato da una famiglia di Napoli a due anni, si sente «napoletano al mille per mille: ” il portoghese non lo parlo, conosco solo qualche termine di balli brasiliani e una frase che ho tatuato sul fianco”.
Qualè?«Io appartengo a te e tu appartieni a me. Dedicato a Giusy, la mia compagna: a gennaio avremo un bambino e lo chiameremo Mario, come mio padre».
Mario Manfredoniae Maria Giovanna Giaquinto sono i suoi genitori adottivi.«Sono i miei genitori. Perché i figli appartengono a chi li cresce.Ho tre sorelle:Palma, che ha 36 anni e in realtà è una cugina, perché i miei genitori hanno allevato anche questa nipote; poi Angela, 25, e Rita, 21, la piccola, una peste».
Un solo pugile napoletano ha vinto l’oro alle Olimpiadi: Patrizio Oliva, Mosca, 1980. «Sarebbe un sogno. Intanto, mi sono già preso una soddisfazione.Sono stato il primo italiano qualificato ai Giochi il 25 aprile 2015».
Manfredonia come diventa pugile?«Casa a Pianura, a poca distanza c’è la palestra di Guido De Novellis.Varcai quella porta per la prima volta a 10 anni. Ero alto un metro e sessanta e pesavo 115 chili. Ricordo bene la cifra sullo scontrino della bilancia della farmacia».
La boxe era una cura dimagrante?«Mi ero detto: proviamo, vediamo come va. Rimasi affascinato: i guantoni, il sacco, il ring, un maestro appassionato e generoso. Quattro anni di lavoro molto intenso, poi il debutto e il primo titolo».
Ma arriva, improvviso, lo stop.«Tre anni senza combattere per un infortunio alla spalla. Il problema fisico non era l’unico».
Cosa c’era?«A un certo punto non sopportavo più la palestra e i ritmi della boxe. Ero stressato e mi fermai. È peggio se ti alleni contro voglia».
Ma non ha chiuso con la boxe.«Il discorso si è riaperto tre anni fa ai campionati di Novara. Intanto, mi ero trasferito a Rimini. Lavoravo in una fabbrica di gelati, mi piaceva, soprattutto d’estate».
È tornato sul ring e aNapoli.«Casa mia».
Rione Traiano, zona difficile.«Come tanti quartieri di Napoli e di altre città del Sud. Se non sei forte, se non hai una speranza, rischi di perderti. Ho amici che hanno scelto altre strade: c’è chi è dentro, chi passa le giornate davanti alla sala giochi. Ad alcuni dico di venire in palestra, là non ci sono rischi ma si fatica, si fatica tanto. A me nessuno ha regalato nulla e ne sono orgoglioso rispetto a chi ha scelto un’altra via.Ho trovato un grande maestro che mi ha stimolato sempre, poi a Novara sono rinato e ho avuto un altro tecnico napoletano, Bergamasco, che mi ha dato fiducia in Nazionale».
‘O Taisòn è cresciuto e vuole l’oro.«Un mio amico mi soprannominò così a scuola, ma ho soltanto una vaga rassomiglianza con Tyson. Il mio idolo è Ali. Ho visto tanti dvd dei suoi match. Era straordinaria la danza sul ring».
Cinque pugili su sette sono campani. «È il segno del grande lavoro che si fa nelle palestre, non solo agonistico: De Novellis ha gratuitamente aperto la struttura a tanti ragazzi per sottrarli ai pericoli della strada».
Fonte: Il Mattino