Higuain è un’ombra (cupa) e con lui c’è una «Vecchia Signora» che De Laurentiis osserva (apparentemente) disincantato, avvolto in quell’atmosfera quasi irreale da spazzare via in fretta, e prepotentemente. Il mercato è vorticosamente avviato, sa di danza ritmicamente orecchiabile: ma resta il sottofondo distante d’una chiacchierata, in esclusiva con il Corriere dello Sport-Stadio, che attraversa le sensazioni, il momento, le emozioni, il senso d’un «tradimento» che rimane e che aspetta (eventualmente anche) Icardi per essere elaborato. Il futuro è cominciato…
Passata la delusione, De Laurentiis? «Mezz’ora dopo ch’eravamo stati informati dalla Juventus della loro volontà di rispettare la clausola abbiamo cominciato a pensare al futuro. Avevamo capito, sin dalle prime dichiarazioni del fratello di Higuain, che si sarebbe corso il rischio di dover individuare un nuovo centravanti, e per questo le riflessioni erano state avviate, ma non pensavamo seriamente che sarebbe andato via, né che avrebbe cancellato con un colpo di spugna il suo triennio napoletano. C’è chi dice che parlare di tradimento sia esagerato, e invece io penso il contrario, perché in questa scelta c’è il senso pieno del tradimento, che comprende anche l’ingratitudine».
Dopo l’addio di Cavani, non si spaventò… La risposta arrivò in 19 giorni, con l’acquisto di Higuain e l’investimento massiccio sul mercato. «Può darsi che questa volta si faccia anche prima, anche se preferisco non sbilanciarmi, perché le trattative contengono una serie di variabili impazzite che non consentono di lanciarsi in previsioni. Diciamo, ed è sui giornali, che ci siamo mossi immediatamente e che stiamo inseguendo un profilo alto, per lasciare inalterato il valore complessivo del Napoli».
Il contraccolpo ambientale s’è avvertito: ha colto, intorno al Napoli, lo scetticismo ed anche un po’ di delusione della propria gente? «Siamo consapevoli del dolore della gente, ch’è stato per un po’ anche il nostro. Io penso che i tifosi sappiano rileggere la storia del club e quella di questi ultimi dodici anni; credo che la bontà del nostro progetto sia nei risultati e nel riconoscimento affettivo che riceviamo sistematicamente. E’ chiaro: fa più rumore registrare il venticello contrario, qualche fischio isolato o il chiacchiericcio sul web. Ma a Trento, per esempio, gli applausi sono stati superiori ai cori di dissenso, peraltro scatenati dalla notizia dell’addio di Higuain. Non ricorderò che da sette anni siamo in Europa, ma che non siamo mai venuti meno agli impegni».
Questo clima di sfiducia va spazzato via energicamente: con un colpo di mercato? «Se ci rifugiassimo, come strategia, semplicemente nell’acquisto ad effetto, torneremmo indietro di quarant’anni. Noi abbiamo un’idea di calcio, che qualche risultato ce l’ha dato, visto che siamo di nuovo in Champions. La gente vuole vincere, e pure il Napoli, però senza perdere di vista le proprie caratteristiche. Siamo un club di prima fascia, abbiamo una squadra che è di target tecnico elevatissimo, siamo nella condizione di acquistare, investire, ringiovanire, rinforzarci. Non guardo in casa altrui, ma mi sembra che la situazione generale non sia poi così florida, che altrove esistano difficoltà. Il Napoli è qui, pronto a fare la sua parte. Non mi sono mai tirato indietro».
Fughi, a parole sue, il timore dei tifosi di dover essere comprimari... «Abbiano fiducia, ci lascino il tempo necessario, non si lascino sopraffare dalla amarezza. Siamo attivi sul mercato: bisognava allargare l’organico e lo abbiamo fatto; ora risolveremo anche la questione legata al centravanti, e speriamo vada come vogliamo. Ma non ci fermeremo qua. Stiamo procedendo con i rinnovi di contratto, che rappresentano un’esigenza e però hanno un peso sul bilancio, perché spostano il monte-ingaggi».
Per essere convincente, che ingrediente deve avere stavolta la risposta del Napoli sul mercato? «Va semplicemente definito il mosaico. Questo Napoli ha realizzato 82 punti e battuto tutti i record; ha giocato un calcio meraviglioso. L’impianto non è cambiato ed il prossimo centravanti darà il suo contributo affinché si ripetano certi risultati».
Icardi è il nuovo uomo dei sogni. Realizzabile? «Vorremmo che lo fosse, com’è chiaro a tutti. Non mi piace entrare nelle pieghe di vicende che devono essere riservate, per quanto possibile. La stampa ha un suo ruolo, lo esegua, e dunque se indaga e scopre e scrive o racconta mi sta bene. Non mi sembrerebbe elegante, in questo momento, che sia io a rivelare alcuni aspetti privati. Ma che Icardi sia un centravanti straordinario lo dicono i numeri; l’avevamo praticamente preso prima che andasse all’Inter. Certi amori non finiscono, evidentemente. Certi amori…».
Non s’aspettava da «una società di razza» che prendesse Higuain. «Vorrei poterla chiudere senza spargimento di polemiche. Resta la mia considerazione nei confronti della Juventus, ma avevo immaginato un altro tipo di comportamento. Vero, c’era una clausola, non è stata commessa alcuna scorrettezza formale, ammesso che non si vogliano considerare tali le visite mediche notturne, però in questo calcio senza scrupoli, non si ha rispetto neppure dei sentimenti».
L’aspetto più deludente di tutta questa vicenda? «Li rivelerò a chi di competenza: ci sono un paio di cose che non mi sono piaciute, ma sono uomo di mondo e so che devo accettarle, ma non subirle. E poi che senso avrebbe lamentarsene sui giornali o in televisione? E’ andata così, pazienza, io quel libro l’ho già chiuso. E’ stato bello, però che tristezza – dal punto di vista umano – il finale…».
Il risvolto positivo, invece, è poter contare su un tesoretto. «I soldi ormai rappresentano il tarlo della società civile. Si ragiona sempre in termini economici. Siamo un club solido, direi virtuoso, che ha avuto la capacità negli anni di diventare grande avendo anche rispetto per il bilancio. Io so che a certa gente non frega niente di questo, ma a me sì: faccio il bene del Napoli, quello dei tifosi».
Si chiude un mini-ciclo, con l’addio del Pipita, o il progetto ha fondamenta e prospettive da ritenere più ampie? «Il calcio è un gioco di squadra: l’argentino è stato uno dei protagonisti, ma solo uno. Qui ci sono tutti gli altri».
V’è caduta di nuovo addosso la questione-Koulibaly. «Ma per me è un falso problema».
Sarri è il testimonial del suo calcio, in questo momento. «Il più bel calcio italiano, ha ritenuto la critica. E quindi è una sicurezza. La sua impronta è netta, siamo convinti che ci divertiremo anche quest’anno. E con la Champions sarà ancora più bello».
La Juventus è sempre più padrona: ha fatto razzia di campioni. «Io di Galactico, però, ricordo solo il Real Madrid. Nessuno è perfetto».
Da sette anni in Europa, come si fa a restare protagonisti. «Ragionando, investendo, avendo conoscenze e idee. Non siamo qui per caso, non sarà un addio a ridimensionarci. Resteremo ciò che siamo: un club in espansione».
Cosa chiederebbe ai suoi prossimi dodici anni da presidente del Napoli? «Di viverli come gli ultimi sette. Certo, continuando a regalare a Napoli ciò che Napoli sogna, fare in modo che il suo ruolo, attraverso il sistema-calcio, sia sempre centrale e non periferico, come è accaduto in passato. Siamo un testimonial della città, esportiamo il marchio della bellezza: saremo fieri di noi stessi, senza proclami e senza promesse. Chi l’avrebbe detto, dodici anni fa, che avremmo giocato in Champions nel 2016? E invece è la nostra terza partecipazione. Ed abbiamo visto da vicino la finale di Europa League ed abbiamo aggiunto due Coppe Italia e una Supercoppa alla bacheca. E nessuno, dico nessuno di noi, si sente pago».
Font: CdS