Non abbiamo dovuto attendere molto per capire che il messaggio inviato dieci giorni fa da Higuain ai tifosi del Napoli («Stiano tranquilli», aveva detto dopo la doppietta al Venezuela inCoppa America) richiamava quello «stai sereno» pronunciato da Renzi all’ex premier Enrico Letta.
Da ieri pomeriggio il popolo azzurro, innamorato del bomber che ha chiuso l’ultimo campionato con il record di 36 gol e la qualificazione in Champions League, è tutt’altro che tranquillo perché il fratello-procuratore di Gonzalo, Nicolas, ha chiarito che non tratterà il rinnovo del contratto con De Laurentiis e che alla scadenza – giugno 2018 – il suo germano-assistito lascerà il Napoli. E il motivo è da ricercarsi non in un’offerta economica ritenuta non soddisfacente, ma in una politica societaria non all’altezza delle aspirazioni di uno dei primi attaccanti al mondo (reduce, tuttavia, da tre consecutivi fallimenti con l’Argentina): «Higuain vuole giocare in una squadra da scudetto e il Napoli non compra grandi giocatori». Lo strappo è consumato, a dispetto del sogno di De Laurentiis di far vestire a Gonzalo la maglia azzurra per sempre: l’idea di un prolungamento fino al 2021 è stata respinta ancor prima di trattare. È un pesante smacco per il presidente ed è l’ennesimo caso, il più preoccupante, in un post-campionato che sarebbe dovuto essere all’insegna dell’ottimismo dopo il lavoro di Sarri, i gol del Pipita e il ritorno in Champions. Invece, da un lato, uno dopo l’altro, si sono agitati i procuratori, chiedendo aumenti di stipendio o prospettando ipotesi di divorzio. Ha cominciato Koulibaly (l’unico a parlare senza intermediari), poi è stato il turno degli agenti di Insigne, Hysaj, Hamsik e ora tocca a uno dei due parenti-manager di Higuain (l’altro è il papà Jorge, ex calciatore). Dall’altro lato, c’è stato un mercato ridotto al minimo, al solo acquisto del difensore Tonelli un giorno prima della fine dello scorso campionato. Poi De Laurentiis ha incassato una serie di rifiuti: Klaassen, Vecino, Zielinski, Vrsaljko, Lapadula. Tra questi non c’è nessun campione del mondo e soltanto Vrsaljko giocherà in una squadra che parteciperà alla Champions. Cosa non ha funzionato in queste trattative? Ci sono due riflessioni da fare dopo la dirompente intervista di Nicolas Higuain. 1) Dietro a questa sortita non c’è soltanto un ragionamento filosofico: c’è probabilmente un club che ha fatto sapere all’agente di Gonzalo che ci sono tanti milioni per il cartellino e lo stipendio di suo fratello, ma la clausola da 94,7 milioni – fissata tre anni fa – appare spropositata, dunque servirebbe uno «sconto» che De Laurentiis non è disposto a concedere. Perché, allora, non provare a forzare la mano, inviando messaggi di rottura come quello lanciato da Buenos Aires attraverso Closs Confidential e Radio Crc? Ma il presidente è stato fermo con altri giocatori e altri procuratori, bene farebbe a mantenere il rigido atteggiamento per il calciatore più importante avuto dal Napoli nel dopo Maradona. Prima di volare negli Stati Uniti per la Coppa America, finita miseramente con l’ennesima sconfitta ai rigori contro il Cile, Higuain aveva fatto trapelare la sua richiesta per il rinnovo del contratto: almeno 8 milioni a stagione, quasi tre in più di quanti ne guadagna attualmente. Perché, a meno di due mesi dall’inizio del campionato, rifiuta l’incontro con il presidente per trattare il rinnovo del contratto? Lui non è un calciatore qualsiasi, è la stella del Napoli. È «ultra profesional», come dice suo fratello, ma come si potrebbero affrontare i prossimi 24 mesi con la certezza che andrà via il 30 giugno 2018, senza alcun indennizzo per la società? 2) Il fratello di Higuain fa una dura valutazione sul mercato di De Laurentiis in questi anni e il suo commento è identico a quello di una parte della tifoseria («Al presidente conviene arrivare al secondo posto e giocare la Champions, ma noi vogliamo vincere»): forse è strumentale, anche se Gonzalo non ha bisogno di accattivarsi simpatie a Napoli dopo 91 gol in tre stagioni. Ma è vero che l’argentino ha detto fin dal primo giorno al suo presidente che avrebbe voluto giocare in una squadra competitiva per battere lo strapotere della Juve, davanti a cui si è inchinato il 3 aprile scorso, quando il Napoli crollò a Udine e lui ebbe uno scatto d’ira pagato con tre giornate di squalifica. De Laurentiis, andando al di là dell’amarezza per le parole del fratello-procuratore del bomber, deve ragionare su un mercato che ha finora prodotto un solo acquisto e non ha migliorato la squadra che nella prossima stagione deve giocare in Champions League, che non è da affrontare con sette riserve a partita, e ripartire all’assalto della Juve, che ha intanto preso altri due campioni, Pjanic e Dani Alves. Il livello di competitività si migliora attraverso adeguate operazioni di mercato, da chiudere nei tempi giusti: com’è stato possibile aspettare un mese per farsi dire no da Lapadula? L’estate del Napoli, a dieci giorni dall’inizio del ritiro in Trentino, diventa improvvisamente torrida. Cosa accadrà dopo le bordate del fratello di Higuain? Arriverà sulla scrivania di De Laurentiis una maxi-offerta, magari inferiore alla cifra indicata nella clausola rescissoria, o vi sarà il chiarimento che riporti serenità nella squadra e nell’ambiente che la circonda? La risposta, ora, nessuno sa darla.