Doveva essere l’Europeo di Michel Platini. L’Europeo da numero uno Fifa, dopo un’ascesa politica che nessuno avrebbe potuto arrestare se non lui stesso, inciampato sui due milioni che gli ha pagato Blatter: dichiarati al Fisco, ma non al suo Esecutivo. Un suicidio politico che in questi primi giorni del torneo – un caso? – ha consegnato la ribalta all’unica personalità con la forza, e l’interesse, di impadronirsi della scena. Il grande rivale degli anni 80 del «campionato più bello del mondo» (sospiro di nostalgia). Diego Maradona. L’impressione è che Diego, «animale» mediatico che fiuta come pochi le situazioni, si sia reso conto di vivere uno di quegli snodi della storia nei quali i più bravi, o semplicemente più svegli, possono infilarsi. Questa è la fine degli imperi, è la dissoluzione del sistema che ha governato il calcio negli ultimi quarant’anni, è il vuoto di potere. Il successore di Platini somiglierà a Johansson, presidente istituzionale e non simbolico. La stessa Fifa di Gianni Infantino – il cui primo atto, un calciatore «pensante» segretario, Zvone Boban, lascia ben sperare – deve prima di tutto ricostruirsi dalle macerie finanziare e morali ereditate. Non più Platini. Nessun altro mito all’orizzonte. Per questo Diego sta forse pensando di spogliarsi dei panni di Masaniello e abbandonare il fronte degli «apocalittici» per integrarsi, un po’ almeno, nel potere. Lui che ha sempre detto che la Fifa era corrotta e non sbagliava di tanto. Lui che aveva accusato Platini di essere troppo vicino a Blatter e guarda un po’… Aveva insultato anche Infantino ma, vista l’aria, ha pensato bene di chiedere scusa. A Parigi ha addirittura fumato il calumet della pace con Pelé, l’altro rivale per la celebrità mondiale. E per non farsi mancare niente, a microfono aperto (involontariamente?), s’è lasciato scappare che Messi non ha personalità. Scavando un altro fossato tra lui e un potenziale rivale. Neanche il dribbling di Argentina Inghilterra ne aveva sistemati tanti. Maradona è il calcio, il mito. E quello che vuole la nuova Fifa è restituire il calcio ai calciatori. Le due situazioni possono incrociarsi. Ecco il perché dell’autocandidatura e dell’improvviso amore per il «palazzo». Improbabile che Zurigo lo inserisca nei quadri, ma potrebbe legare la sua immagine prepotente a eventi per il calcio. Non è stato un mostro di coerenza, quello che ha fatto fuori dal campo non è un esempio per i bambini: ma se questo può aiutare Diego a scacciare definitivamente i fantasmi che lo hanno perseguitato per tutta la vita, ben venga anche l’integrazione nel sistema.
A cura di Fabio Licari (GdS)