Antonio Cabrini ha festeggiato i quattro anni da c.t. della Nazionale femminile. Rispetto al 2012, tanto è cambiato (in meglio), ma tanto ancora può cambiare. Ecco quanto dichiarato alla Gazzetta dello Sport sia sulla stagione del calcio femminile e sul movimento.
Il voto alla stagione dell’Italia? «Sette. Le ragazze sono migliorate e hanno acquisito la mentalità a livello di competizioni internazionali. Ma sono cresciute anche a livello fisico: di questo, va dato merito alle società, che hanno lavorato in una maniera più positiva rispetto al passato».
E il voto al movimento italiano del calcio femminile? «Non ancora sufficiente, ma non per la mancanza di volontà degli addetti ai lavori. Anzi, il contrario. Da una parte, ci sono una federazione che ha investito tanto e le società (ieri, Milena Bertolini ha rinnovato con il Brescia, ndr) che credono nella crescita del movimento. Dall’altra, c’è ancora molto, troppo scetticismo».
Cosa ci porteremo dietro dalla finale di Champions a Reggio Emilia? «L’aver visto in Italia due grandi squadre (Wolfsburg e Lione, ndr), uno stadio pieno e quello che gravita attorno al calcio femminile a livello internazionale. Una considerazione che avevo visto anche all’Europeo 2013 in Svezia, quando siamo entrate tra le prime otto d’Europa pur essendo il brutto anatroccolo, e che in Italia ancora non vediamo».
E come si aumenta allora la considerazione? «Anzitutto dal basso. Con la crescita a livello scolastico e l’inserimento del calcio a 5 nelle attività motorie per far crescere le bambine sin da piccole tecnicamente e tatticamente come già accade nel basket e la pallavolo. E poi con la volontà delle società professionistiche di prendere sul serio l’opportunità concessa dalla Figc di inglobare le società femminili. Basta attaccarsi a scuse non plausibili».
Da questa stagione, però, è obbligatorio il tesseramento di 20 ragazze Under 12 ogni anno. «Sì, ma bisogna farlo e crederci davvero, non tesserare le bambine solo per evitare la multa prevista dal regolamento. È inaccettabile che le in Italia le squadre maschili non abbiano il settore femminile, o che questo in Serie A accada solo con la Fiorentina e la Lazio».
La Fiorentina ha sfiorato la Champions, ma le ragazze sono entusiaste. «Ed è giusto che lo siano: sfruttano i campi, i medici e spesso anche i tifosi della squadra maschile. Con il massimo rispetto per le società femminili, ancora dilettantistiche, hanno capito che a livello di organizzazione c’è un abisso».
Sembra che anche la «sua» Juventus voglia incrementare l’attività femminile. «Quest’anno si sono appoggiati alle strutture del Luserna, ma con istruttori Juventus. Poi, quando sono uscite sul giornale le foto delle bambine con la maglia della Juve, c’è stato un boom di richieste di iscrizione. Probabilmente da settembre faranno tutto da soli».
Un auspicio per il prossimo anno? «Vado un po’ oltre, anche perché una stagione non basta. Spero in cinque anni di vedere un campionato ad altissimi livelli, con più squadre della Serie A maschile rappresentate e una cultura diversa, basata sulla consapevolezza che i paragoni tecnici con il calcio maschile non sono costruttivi. É normale che non ci sia la stessa fisicità, ma il gesto tecnico sì. Uomini e donne sono diversi: lo ha deciso Madre Natura, non io».
La Redazione