Rivera: “Napoli buona squadra ma nei momenti cruciali è mancato qualcosa che invece la Juve ha”

 

Una vita nel Milan, con il quale ha esordito in Serie A all’età di 15 anni, per ben 12 anni, dal 1962 al 1974, è stato colonna della Nazionale italiana con la quale ha siglato uno dei gol più importanti della sua storia, nella mitica semifinale del Mundial messicano del 1970. Corretto al punto tale da non aver mai avuto un’espulsione in carriera; fino al 1986 è stato vicepresidente del club rossonero affrontando anche la seconda, pesante retrocessione nel campionato 1981-82, è un uomo di calcio e di sport e come tale, in questa intervista a Il Roma, giudica il cammino del Napoli finora.

Che impressione le ha fatto la squadra quest’anno?
“Ho avuto sensazioni positive, peccato che nel momento topico sia venuto
a mancare qualcosa. Chiaramente, quando non si segna più con continuità
non si può ricondurre tutto ad un momento negativo dell’attaccante,
anche perché le squadre non si compongono solo di individualità”.

Allora cos’è mancato al Napoli?
“La capacità di preparazione al gol. È questo che lo differenzia dalla
Juventus, che con la rimonta ha dimostrato di essere la squadra più
forte in Italia. I bianconeri non hanno un Pelé, ma sono una squadra che
riesce sempre a segnare, in qualsiasi momento”.

Higuaìn, a proposito di reti, quest’anno sta viaggiando a medie
incredibili. E’ l’attaccante più forte del mondo, in questo momento?
“Non credo sia il più forte, ma rientra nei migliori cinque sicuramente,
insieme a Ibrahimovic, Messi, Ronaldo: i soliti nomi, per intenderci».

Il secondo posto può considerarsi un obiettivo ormai raggiunto?
“Chissà, 
nel calcio si sa sempre troppo e spesso si sbaglia. Finché non lo
stabilirà la matematica, è tutto in discussione”.

Gabbiadini è stato utilizzato molto poco, ma ha saputo mettersi in
mostra. Come valuta la sua stagione?
“L’impiego ridotto è inevitabile, se davanti a lui c’è un giocatore più
forte, che merita il posto di titolare. Un fuoriclasse può mettersi in
mostra anche in pochissimi minuti. Per cui, deve sperare che Higuaìn
venga squalificato più spesso (ride, ndr)”.

Quando lei era in attività il calcio viveva di queste esasperazioni e
colpevolismi come adesso?
“Sì, è sempre esistita un’atmosfera simile quando si notava qualcosa di
anormale. Solo che ora si esagera: spesso questa caccia alle streghe
serve solamente a nascondere un risultato che non si è stato in grado di
raggiungere. Anche perché ormai gli arbitri sono dei professionisti e
non hanno alcun interesse a farsi coinvolgere in qualche eventuale
macchinazione”.

Se fosse stato il presidente della FIGC, come avrebbe gestito un c.t.
della Nazionale che si fa pagare tanto, ma che abdica così in breve per tornare in un club?
“È stata una situazione imprevedibile. La scelta stessa di Conte è stata
praticamente casuale: si è liberato un tecnico di livello ed è stato
contattato. Probabilmente avrebbe preferito continuare con la Juventus
senza separarsi da una società. Ha bisogno di questo tipo di gestione: è
un allenatore, mentre nelle nazionali bisogna essere selezionatori; è
diverso”.

Lei ci pensa mai ad allenare? È un incarico che non ha mai ricoperto.
“Quando ho smesso da calciatore, mi sono proiettato subito come
dirigente. Ma allenare non credo sia difficile: sono stato
Sottosegretario alla difesa, si può fare”.

Il calcio si muove sempre di più verso l’utilizzo della tecnologia in
campo. È a favore di questa svolta?
“La moviola può essere uno strumento utile, ma se impiegata con
giudizio, perché le continue interruzioni non farebbero bene:
porterebbero il calcio a una morte lenta. Personalmente, se ne potrebbe
fare comunque a meno di tutto questo, in fin dei conti il necessario è
solamente ciò che già c’è, cioè il chip che permette di sapere quando la
palla ha attraversato completamente la linea di porta. Inoltre, tanta
tecnologia sarebbe solo a disposizione dei campionati maggiori e
finirebbe per creare tanta disparità con le divisioni minori che non
hanno gli stessi mezzi economici”.

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