In cuor suo avrà sperato di esserci. Per riscattare la prova contro l’Inter ed anche perché Bologna, per Manolo Gabbiadini, rappresenta molto più di un avversario da battere o di una bella città dove trascorrere una domenica in famiglia. Bologna è casa sua e lo è per davvero, senza retorica, perché a lei sono legati i più forti ricordi (soprattutto belli) della sua giovane carriera e vita, del suo passato che ritorna, puntuale, ogni qualvolta il calendario gli oppone i rossoblù. Bologna è l’ex squadra che lo ha definitivamente lanciato in Serie A, la prima alla quale ha segnato in massima serie, la prima con la quale ha esultato al San Paolo ed anche la città dove ha esultato per la prima volta in Nazionale lo scorso 17 novembre, contro la Romania, ad
una manciata di minuti dall’infortunio che lo ha tenuto fermo per oltre due mesi.
Di quella stagione, 2012-13, compagni e tifosi ne ricordano il look sbarazzino (capelli più lunghi rispetto ad oggi) e la timidezza pacata del ragazzo introverso ma simpatico, nonostante la riservatezza. «Timido lo era, vero, ma quando si apriva ed entrava in confidenza con te ti accorgevi della sua simpatia, della sua capacità di scherzare, di avere sempre la battuta pronta».
La battuta pronta ed anche il mancino micidiale, il suo marchio di fabbrica che Michele Pazienza, ex compagno a Bologna ed anche ex azzurro, ricorda e contrappone ai limiti fisiologici di quell’età: «Manolo aveva grandi potenzialità, su tutte la facilità di tiro. E poi era già forte fisicamente. Doveva invece crescere nella voglia d’imporsi in squadra, di ricever palla, di calciare. Insomma, in personalità».
In quella stagione furono sei le reti totali, non molte ma neppure poche in relazione ai vent’anni appena compiuti. Il 19 dicembre 2012 segnò per la prima volta al San Paolo, di sinistro (manco a dirlo), su assist di Cherubin, sbloccando una partita che il Napoli avrebbe poi perso 3-2. La sua esultanza? Pacata, come sempre. Timido sorriso e poi di slancio tuffo a terra, in attesa dell’abbraccio dei compagni: il primo fu Gilardino, a ruota tutti gli altri. Arrivò qualche fischio dagli spalti, inevitabile. Nessuno poteva immaginare che quel giovane attaccante avrebbe vestito un giorno la maglia azzurra: «A Napoli è cresciuto tanto – dice Pazienza -, perché al fianco dei campioni si matura più in fretta». E di tappe, Manolo, ne ha bruciate
tante: Atalanta, Cittadella, Bologna, Sampdoria, Napoli. E la Juve? Ha creduto in lui sono in parte, acquistandone la metà dall’Atalanta ma poi
cedendolo agli azzurri senza indugi.
«Manolo è migliorato tanto tatticamente, ora è anche più tranquillo in campo, più sicuro dei propri mezzi». La netta differenza tra ieri e oggi è sottolineata anche da Daniele Portanova, ex Napoli e leader difensivo di quel Bologna, guida per i più piccoli, proprio come Gabbiadini: «Per il Napoli è un valore aggiunto – aggiunge –, in campo fa la differenza e poi è un calciatore completo, maturo anche come uomo». A Bologna ha conosciuto Martina e a novembre ecco Tommaso, il primo figlio, l’emozione che ti contagia subito e fa scivolare tutto il resto in secondo piano. Il freddo inverno di Gabbiadini è trascorso tra l’infortunio, lo scarso impiego e l’offerta del Wolfsburg (27 milioni di euro), il campanello d’allarme che De Laurentiis ha prontamente rispedito al mittente. Ed ora, con l’ambizione mai tramontata di volare in Francia per Euro 2016, lo sguardo di Gabbiadini è rivolto (anche) a domani sera, perché Higuain non ci sarà ancora e toccherà dunque a lui caricarsi l’attacco e far scorta di gol. Lo farà con immenso piacere e
senza timori: Napoli-Bologna è il suo derby del cuore.
Fonte: Il Roma