E’ un doppio ex di Napoli ed Inter, con i colori azzurri, da allenatore, ha conquistato uno scudetto e una coppa UEFA, guidando il Napoli di Diego Maradona. E’ Ottavio Bianchi, che nella settimana della sfida di sabato sera a San Siro, ha rilasciato un’intervista a Il Roma. Nonostante i suoi 73 anni, Bianchi resta un mediano, un combattente e come tale, nonostante l’impresa non sia semplicissima, incita il Napoli a non mollare nella corsa scudetto.
“Se la Roma crede al secondo posto il Napoli non può non credere al primo. La Juve è squadra abituata a vincere, ma l’importante è non
mollare. Mai”.
E allora, Bianchi, qual è il segreto per vincere a Napoli? Oltre a
Maradona, ovviamente.
“Non è così ovvio, perché negli anni precedenti, pur avendo in squadra il più forte giocatore al mondo, il Napoli lottava per non retrocedere. Certo, con Diego era tutto più facile…”.
Dunque?
“Vincemmo lo scudetto perché ci fu grossa volontà da parte di tutti, perché il Napoli non aveva mai vinto, perché c’era “fame” di vittoria. E poi perché in squadra c’erano parecchi giocatori italiani e napoletani e questo vuol dir tanto, anche se non erano di grosso nome. Avere all’interno dello spogliatoio giocatori che vivono l’humus della città è un grande vantaggio. Tutti sentivano che il vento poteva essere favorevole e si son dati da fare ben oltre le proprie possibilità. Le faccio un esempio”.
Prego.
“In quella stagione vincemmo anche la Coppa Italia disputando tredici partite. Ebbene, pur schierando in campo quelli che non giocavano la domenica vincemmo tutte le partite, dimostrazione della voglia massima, da parte di tutti, anche di non era sempre protagonista, di ottenere qualcosa di importante”.
Perché da quel periodo d’oro in poi il Napoli non ha più vinto uno
scudetto?
“È difficile competere con chi, per anni, è abituato a stare al vertice, favorito da una grossa organizzazione societaria alle spalle come Juve, Inter, Milan. Il Napoli, come tutte le squadre che hanno vinto poco, è andato in difficoltà e non è riuscito a gestire il successo di quel periodo”.
Questo sembrava essere l’anno buono.
“Lo credevo anche io, tantissimo. La Juve faticava, il Napoli era reduce da ottime stagioni, esprimeva una gran bel calcio e attorno alla squadra c’era tanto entusiasmo. Ero convinto che per lo scudetto la Juve fosse fuori dai giochi, mi sbagliavo. Ma nulla è ancora perduto”.
Anche se la distanza dai bianconeri è di sei punti?
“Certo. Se la Roma crede al secondo posto, perché il Napoli non può credere al primo? Il distacco è lo stesso. Dopo una partenza difficile la Juve è rinata e le altre, ad eccezione del Napoli, sono calate, permettendogli di rientrare in corsa. L’importante è non mollare mai, crederci sempre. Fino alla fine”.
Higuain leader come Maradona, quanto è azzardato come paragone?
“Non saprei, non posso saperlo dato che non vivo in prima persona lo spogliatoio del Napoli. Sul piano tecnico Maradona è la storia del calcio mentre Higuain, in un ruolo diverso, sta facendo cose eccezionali. Bisogna andare indietro di tantissimi anni per trovare un giocatore che abbia percentuale di esecuzione così elevata”.