Approfondimento di Gabriella Calabrese: “Quann’ se chiudono l’ uocchie…”

Gonzalo il cattivo, Gonzalo da punire, Gonzalo da attendere al varco: missione compiuta!

Nel posto dove si stanno aprendo le nuove frontiere del calcio si dice: Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”. Tu non puoi farlo, sai perchè? Semplice, perchè al centro di Napoli un fiume non c’è! Dovresti provare a sederti sugli scogli, ma dall’ inizio abbiamo capito che con quelli non hai un grandissimo feeling…Vorrei farti sorridere Pipita, ma so che non è possibile… Dall’ eremo dorato che occupi in Via Tasso, starai guardando il mare, aspettando di vederlo passare, quel famoso cadavere, ma non succederà, perchè in questo caso il nemico sei tu… Lo so, è difficile da accettare, incomprensibile per mente umana “normale”, ma è così! Il tuo inconscio lo ha capito prima di te ed è esploso, lasciandoti così, sfinito…Non è vittimismo dire che ti aspettavano al varco, che non riuscendo a fermarti con mezzi “sportivi”, ci sono riusciti con quelli (quasi) normativi, quelli dove carta canta, ma canta solo per qualcuno… Ma sai cos’ è, caro Gonzalo? Che Napoli è città canterina! A Napule se canta pe’ gioia, pe’ allerja e pe’ arraggio, figurati che si canta pure sotto alla curva! Ah, già, questo tu lo sai…E mentre, in quel di Udine, ti scorrevano davanti agli occhi le immagini di te che festeggi il tuo 30°, dico 30° gol, non pizza e fichi, tutto comincia ad andar male…Quello lì stramazza al suolo svenuto e lui, lui si avvicina e vedi rosso! Il tuoi occhi vedono rosso, e allora li chiudi e, quann’ se chiudono l’uocchie…vedono quello che vogliono vedere, o meglio, non vedono,  sentono: sentono il sogno sfuggire via tra le mani come la sabbia, sentono gli sforzi ed i sacrifici per essere il migliore, perdersi nel vento, sentono le lacrime scendere e la rabbia montare. E l’ultimo barlume di razionalità che ti resta vorrebbe farti spegare che non ci “azzecchi” niente tu, che è un’ingiustizia, ma non ti ascoltano, non ti ascoltano…Avanti e indietro, come un leone in gabbia, immagini viste e riviste, dove probabilmente non ti riconosci, o forse sì, perchè tu sei il Pipita, tu sei così… Tu disegni magiche linee con la palla, tu ti inventi “seggiate” e “cagliose” da strabiliare occhi e cuori, tu sei quello che ha fatto morire di paura mamma e papà, da piccolo, tu sei quello che è rimasto su questa terra per un preciso scopo: giocare a pallone, accarezzarlo, smussarlo, umanizzarlo. Tu, dopp’ e Iss’, si o’ pallone…Quello vero, quello dove anche le lacrime vanno bene, quello dove in campo vanno gli uomini e gli uomini, nel loro piccolo, si “incazzano”. Sentirai qualcuno che obietterà: non è professionale, non è giustificabile…Tutto vero, ma tu rispondi orgogliosamente che tu sei tu. Prendere o lasciare. Ti posso assicurare, e lo sai anche tu, che prenderebbero a scatola chiusa, tutti. Solo così potevano fermare (per il momento) la tua corsa…Chissà che tu, dagli scogli, non possa scorgerlo davvero quel cadavere e possa sentirti meglio…Intanto, ti posso assisurare che il signor Irrati, la maglia che tu hai toccato, non l’ha lavata e la sta incorniciando. Su quella maglia ci sono le mani del centravanti più forte del mondo. Un onore del genere, non gli capiterà più!

a cura di Gabriella Calabrese    

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