Due buchi neri, profondi e liquidi, gli occhi di quello scricciolo in sella ad una bicicletta. Il cappellino calato in testa, dopo divenuto bandana. Non una bandana qualsiasi, la bandana del Pirata. Lui si alzava sui pedali, laggiù in fondo alla salita, “perché se il ciclismo è sofferenza e se la massima sofferenza è la salita, è giusto percorrerla nel più breve tempo possibile…”, per poi arrivare in vetta, chiudere gli occhi e vedere il mare. Magari dalla cima dell’ Aprica o dal passo del Pordoi, come ricorda una canzone degli Stadio…Nel 1998 aveva dominato tutto e tutti, il Giro e poi il Tour, in quel ciclismo senza più etica e personaggi epici, c’era lui, Marco Pantani. Lui, che agile e scattante, nervoso, ma armonioso comincia a salire, salire, verso il Santuario di Oropa. Il suo sforzo diventa musica: incalzante, divina, celestiale. E’ un crescendo quello del Pirata, è il ciclismo d’altri tempi. C’ è stato un incidente meccanico, ma lui li riprende tutti, tutti. Ed ancora una volta, ad attenderlo c’è il mare…Lo tzunami Pantani sconvolge il Giro del ’99. E’ lui quello in rosa, è lui il Re Sole. L’ Alpe di Pampeago, Madonna di Campiglio, è il padrone della gara, è il signore del ciclismo. Poi i giornali, i titoli, l’accusa, l’infamia…Non più il mare in cima alla montagna, ma una montagna troppo alta da scalare, anche per il Pirata, soprattutto per il Pirata. Ematocrito non in regola, sangue troppo denso: si spengono le luci, si chiude il sipario. Non c’è più alba per gli occhi mai fermi dello scricciolo di Cesenatico, solo comatosi tramonti mai raccontati. “Salta il banco delle scommesse, non arriva a vincere il Giro, la camorra non glielo permette” è la confessione di un camorrista in carcere nientemeno che al bel Renè (Vallanzasca). Quindi, la mano e l’ombra non solo pesante, quanto omicida, della camorra sulla vicenda: provette scambiate per farlo risultare dopato. Da quel momento per Marco solo i titoli di coda. Quegli stessi titoli che adesso sono diversi, ma su pagine interne, non cartelloni. Da verificare certo, come la vita, da scalare, vero, come una salita. Ma stavolta a qualcuno toccherà guardarlo da molto più in alto il mare, non più il Pordoi, non più l’Aprica, semmai l’Olimpo, quello dei campioni. Dove il Pirata e la sua bicicletta sono una cosa sola.
a cura di Gabriella Calabrese