Il Napoli non solo è una fede ma una passione infinita che davvero è indissolubile, non solo per i tifosi ma anche agli addetti ai lavori. La gara con la Juventus, ma anche l’era Maradona sono tra gli argomenti toccati con il fotografo del club partenopeo Italo Cuomo nell’intervista rilasciata a “ilnapolionline.com”.
Ti vorrei chiedere da quanti anni sei il fotografo del calcio Napoli e cosa ti ha spinto ad iniziare questa professione? “Dirti la data precisa? Meglio di no, so’ assai (ride n.d.r.). Con il club azzurro ho avuto due fasi, la prima è stata l’era Maradona, mentre la seconda da quando è subentrato Aurelio De Laurentiis, però rispondendo quanti anni sono che faccio questa professione direi 40 anni. La fotografia è la mia seconda passione, la prima è la musica, suono e canto oltre che provengo da una famiglia di tradizioni musicali. Ritornando alla fotografia dico che è stata come una tegola in testa, piacevole in questo caso e da quel momento è scattata la famosa scintilla. I risultati direi che sono molto positivi, non ci possiamo lamentare vado avanti con la seconda passione, senza trascurare la prima naturalmente”.
La tua terza passione è la maglia azzurra, quando stai a bordo campo riesci a scindere il tifo per la squadra partenopea dal lavoro di fotografo? “Per me è semplice, nel senso che anche se il Napoli è una passione come tu hai detto, ma rispetto a tutti gli altri tifosi non possono esternare le loro stesse emozioni o esultare ad ogni gol degli azzurrri, altrimenti rischio di perdere l’attimo fuggente ovvero effettuare scatti in tempo reale”.
Prima avevi detto che sono 40 anni che sei fotografo, lo scatto più bello che ti viene in mente in questo momento che ricordi con più gioia? “Quando mi fanno questa domanda rispondo sempre in questo modo il più bello è quello che dovrò fare ancora, però è evidente che quelli indelebili sono decisamente nell’era Maradona. Il motivo? Mi fregio e mi onoro di essere stato il suo fotografo personale, scatti e non solo per il “Pibe de oro”, soprattutto dal punto di vista calcistico”.
Napoli è una città magnifica, questo lo sappiamo tutti, cosa la rende speciale secondo te per i calciatori sudamericani non ultimi Cavani e Higuain? “La nostra è una città molto calda, particolare e al tempo stesso è caliente. Io in questo momento non tirerei in ballo il “Matador” e il “Pipita”, addirittura farei un passo indietro. Penso al mitico Vinicio, la scorsa settimana lo andai a trovare e da quando si trasferì qui non ha più lasciato Napoli, anche quando andò a giocare all’Inter e al Vicenza, lui ha piantato le radici qui. Bruno Pesaola purtroppo è deceduto ma è rimasto napoletano fino alla fine, così come Canè. Tornando a Cavani, prima di vestire la maglia azzurra non era il calciatore che adesso apprezzano il tutto il mondo, lo stesso vale per Higuain, l’argentino sta disputando annate meravigliose con questi colori sociali e la città lo adora tantissimo, lo stesso discorso vale per Lavezzi. Grandissimi giocatori diventati gli idoli dei tifosi ma c’è da dire che i vari Vinicio, Pesaola e Canè hanno impiantato le loro radici qui, senza mai andarsene, credo che questi rimarranno per sempre in presso nella mente della gente partenopea”.
Sabato sera il Napoli di Sarri ha perso contro la Juventus, eppure la città si è riversata a Capodichino accogliendoli come degli eroi. Te lo aspettavi dai tifosi un simile atteggiamento? “Come ti ho detto prima Napoli è una città particolare e se i calciatori riescono ad entrarti nel cuore i tifosi non ti abbandonano mai e l’altra notte ti hanno accolto in maniera trionfale e la definirei un segnale di maturità. La gente è passionale, segue con molto amore la squadra e perciò non sono sorpreso dall’accoglienza che hanno rivolto alla squadra di Sarri. La sconfitta con la Juventus fa rumore come tutte la gare, perché qui se ne parla sette giorni su sette anche un’ora è mezza prima della partita. Non è stata una finale secca che perdendola hai compromesso tutto, ci sono ancora 13 partite da disputare e perciò tutto ancora è ancora in gioco. Gli scivoloni come sono capitati a noi con le piccole non è detto che non può succedere in futuro anche alla Juventus e in quel caso il Napoli non dovrà assolutamente perdere colpi. Questo a mio avviso è il vero segreto del campionato, niente distrazioni sempre attenti e concentrati e soprattutto non abbattersi per una semplice sconfitta che contro i bianconeri ci poteva stare tranquillamente”.
A Dimaro hai avuto l’impressione di un ambiente sereno da parte dell’ambiente e questo ha facilitato il lavoro di Maurizio Sarri? “Io ero presente in Trentino e ho avuto sensazioni diverse dalla tue, anzi c’era molto scetticismo con l’arrivo in panchina del mister. L’ambiente era abituato a grossi nomi come allenatori o calciatori e perciò c’era un po’ di scoramento. La fortuna è stata questa, Sarri è arrivato in punta di piedi e piano piano ha imposto il suo ritmo e il suo credo. C’è da dire che dopo le prime tre partite si parlava di ultima spiaggia e che se non si vinceva la gente gli voleva buttare subito la croce addosso. Bisogna credere nel signor Sarri, in questo ambiente sa il fatto suo e mi dispiace che nel nostro mondo sia arrivato solo adesso nel calcio che conta”.
Intervista a cura di Alessandro Sacco
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