La Gazzetta dello Sport ha intervistato l’ex allenatore del Milan, Arrigo Sacchi. Sacchi ha parlato del match scudetto tra Juventus e Napoli in programma sabato 13 febbraio allo Juventus Stadium. Ilnapolionline.com riporta le parole dell’ex tecnico rossonero.
Lei da che parte sta? «L’importante è l’equilibrio. Ancelotti mi diceva che il Milan nel quale giocava, quello che io allenavo, era grande perché era equilibrato, tutti attaccavano e tutti difendevano. Questo è l’obiettivo che un tecnico deve raggiungere».
Il suo Milan ha vinto con la miglior difesa e non con il miglior attacco. «Verissimo. Ma facciamoci una domanda: perché non prendevamo gol? Forse perché avevamo sempre il pallone noi e perché attaccavamo. L’atteggiamento offensivo era anche un metodo per tenere gli avversari lontano dalla nostra area».
Napoli e Juve: i primi sono micidiali là davanti; i secondi, là dietro. Che ne pensa? «Sono due squadre equilibrate che attaccano e difendono collettivamente. Non hanno come punto di riferimento l’avversario, ma si muovono preventivamente con marcature a scalare e con la zona-pressing».
Il gioco al centro del progetto? «Esattamente. Questo concetto è fondamentale. D’altrondea che serve avere grandi interpreti se poi non hai una trama piacevole ed efficace. Io, regista, posso ingaggiare Robert De Niro, ma se gli faccio recitare “Giovannona coscialunga”
quale sarà il risultato? L’interprete e il gioco devono andare a braccetto».
Alla lunga sarà più efficace la superdifesa della Juve o il superattacco del Napoli? «Non lo so, ma una cosa va analizzata: il Napoli, rispetto al passato, subisce meno gol. Riduce al minimo i rischi, i difensori raramente sono esposti agli uno-contro-uno, difende collettivamente».
Merito di Sarri. «Non c’è dubbio. Il Napoli non ha difensori del valore di quelli della Juve».
E la Juve d’acciaio? «All’inizio della stagione era in vacanza, poi si è svegliata e ora sta dimostrando una forza incredibile. Sta crescendo
enormemente. E questa crescita è merito di giocatori, dell’allenatore e anche della società e dei dirigenti che con calma e fermezza hanno dettato i tempi della rinascita. Se non hai una grande società alle spalle, non vai da nessuna parte. Io, senza un club come il Milan a sostenermi, dove sarei arrivato?».
La Redazione