Sky – Il talento di Higuain nasce dal Dna della famiglia Zacarias: lo racconta Rosario Triolo

Ecco un estratto pubblicato da Gianluca di Marzio del libro di prossima uscita dedicato al Pipita della collana 'Romanzo Sudamericano' di Rosario Triolo

“Più volte la mamma di Gonzalo Higuaín, Nancy, ha ripetuto che il talento in campo del Pipita e del fratello Federico non proveniva da suo marito, ex calciatore, ma dal Dna della famiglia Zacarías che lei aveva trasmesso. Una famiglia conosciuta princialmente per i legami con la boxe, ma che ebbe un esponente anche nel calcio. Lo zio di Gonzalo, Claudio.
Claudio Zacarías debuttò ufficialmente a La Bombonera con la maglia del Boca Juniors a 21 anni, il 23 febbraio del 1986. Quel giorno il Boca di Zanabria aveva deciso di sintetizzare la sua attitudine all’incostanza, alla pigrizia e alla follia in novanta minuti. E una partita dominata contro l’Huracán si era trasformata nella paura di bruciare un vantaggio di tre gol. Sul 4-1 a mezz’ora dalla fine il Boca si ritrovò schiacciato nei suoi ultimi trenta metri e prese due gol. A un minuto dall’ultimo fischio Mario Zanabria decise di aver bisogno del fisico poderoso di uno che sembrava un boxeur, e che scalpitava in panchina come un pugile all’angolo prima che suoni l’inizio del round decisivo. Fece entrare in campo Claudio per proteggere la vittoria. Lo mise dentro al posto di Jorge Higuaín. Il papà del Pipita, prima che finisse al River Plate, oggi squadra del cuore di Gonzalo. Il Boca Juniors conservò il 4-3.
Passato al San Lorenzo, Claudio l’8 maggio del 1988 arrivò ad Alta Córdoba pronto a mandare al tappeto gli attaccanti dell’Instituto, club conosciuto con l’appellativo la Gloria, secondo le regole della lealtà. Il suo San Lorenzo si stava giocando la vittoria del campionato inseguendo il Newell’s. Era il San Lorenzo de Los Camboyanos..Una squadra chiamata così perché immersa nelle difficoltà, come quella di non avere uno stadio in cui giocare dopo lo sfratto dal Viejo Gasometro. Per un periodo, quello in cui nacque la leggenda dei Camboyanos, il San Lorenzo non aveva avuto neppure un allenatore: era gestito da Rubén Cousillas, il portiere di riserva, perché mancavano le risorse per assumere un vero condottiero. Quel portiere di riserva sarebbe diventato dopo qualche anno l’assistente dell’ingegner Manuel Pellegrini. Nello spogliatoio, mentre i giocatori si vestivano e Chilavert si isolava nella sua burbera concentrazione, echeggiava nella mente di Claudio il canto dell’inno argentino, coronados de gloria vivamos, viviamo coronati di gloria, e quale posto migliore del campo de La Gloria, o juremos con gloria morir, o juremos con gloria morir, ¡o juremos con gloria morir!, vincere, diventare Campione d’Argentina e conquistare l’eternità o morire (ma solo sportivamente) con onore. Non sapeva che la dirigenza dell’Instituto aveva dato assistenza economica alla tifoseria violenta, ai barra brava. Un gruppo di barras sistemò una bomba carta vicino alla vetrata opaca che delimitava lo spazio in cui il San Lorenzo si stava preparando per scendere in campo. Fu un’esplosione che deflagrò in schegge di vetro che schizzavano ovunque sfiorando i volti, i cuori, le anime di una squadra, di uomini increduli per essersi salvati. Tutti tranne uno: un grosso pezzo di vetro si conficcò sotto l’ascella sinistra di Claudio Zacarías, quasi amputandogli il braccio, quasi dissanguandolo. Perse il 70% della mobilità del braccio sinistro, così come Maradona aveva perso il 30% della caviglia sinistra per quel fallo di Goikoetxea.
Claudio rivide il campo dopo nove mesi dall’attentato. Poi gli arrivò una chiamata dal Talleres de Remedios de Escalada. Fu lì che condivise le sue prime conoscenze calcistiche di base, pensando già alla carriera da allenatore. E le condivise con un ragazzino promettente, difensore, mediano, terzino, faceva tutto, una forza naturale: un Tractor. Javier Zanetti, che inseguiva la gloria muovendo i primi passi nel fútbol contro la Gloria: debuttò in B Nacional il 22 agosto del 1992 contro l’Instituto. Contro la stessa squadra che aveva segnato la fine della storia di Claudio Zacarías, che dal calcio usciva senza aver davvero mostrato il suo talento e senza gloria, avendola sfiorata, e persa, in una notte di violenza cieca negli spogliatoi de la Gloria”

Fonte: sigonfialarete .com

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