“Sarri non va bene, crede che il Napoli sia Empoli e si porta i suoi pupilli”, ma l’ esserlo non ha garantito la titolarità: le diverse situazioni di Valdifiori e Hjsay Preconcetti. Mettono a dura prova l’intelligenza umana. Riconoscerli, combatterli, vincerli. In tre parole una sfida che vale una vita intera. Perché niente sa di sfida quanto il superare i propri limiti personali ed abbatterli per trovare una nuova consapevolezza che da origine ad un nuovo io. Sarri è entrato nel mondo azzurro in punta di piedi suscitando qualche paura, qualche diffidenza. Ad oggi, dopo alcuni mesi passati, è obbligatorio un bilancio. Il mister non è mai vissuto in una torre d’avorio produttrice di integralismi sterili. Fin dai primi giorni di Dimaro firmava autografi con cordialità parlando e spiegando alla scuola di tutti. Ha sì portato un pizzico di Empoli a Napoli con sé, ha avuto la capacità di fare analisi e sintesi di due mondi, l’uno conosciuto e l’altro invia di evoluzione. Ad oggi Sarri ha dimostrato che i suoi pupilli sono i ragazzi che ascoltano, lavorano ed imparano e che le star , quelle vere, sono quelle che brillano si, ma perché gli altri faticano. Quindi la titolarità non è una condizione “de facto” che esiste di per se ma è una costruzione work in progress. Il Signor Sarri è comunque un emigrante di lusso, un uomo che ha rivoltato il parigma “Napoli non è Empoli “ cambiandolo per sempre in un “Empoli è una piccola Napoli”. E’ tutta qui la grande piccola scoperta che tutti i tifosi napoletani ammirano come un’ opera, “ un’opera aperta” mai assolutamente definitiva ma sempre con strati nuovi di conoscenze da aggiungere. Portatore di una didattica calcistica capace di farsi comprendere come Socrate faceva con i suoi discepoli da Higuain ad Hisaj, dal lontano al vicino, quindi. Sarri va bene a Napoli , concludiamo, perché abbiamo scoperto che era Empoli una piccola Napoli.