Mister Sarri ha parlato di due talenti del calcio italiano ai microfoni del Corriere dello Sport. Il tecnico azzurro ha speso qualche parola anche su Diego Armando Maradona. Ecco l’intervista fatta dal quotidiano all’allenatore del Napoli.
Qual è, secondo lei, il problema principale del calcio italiano? «Sono diversi. In primo luogo le strutture. Gli stadi sono quelli del dopoguerra, con le piste di atletica, senza quindi il clima necessario perché i giocatori sentano i tifosi vicini e le famiglie possano tornare serenamente allo stadio. Poi difetti di mentalità, l’emotività di cui abbiamo parlato che rende tutto fragile e
Chi è il più forte dei giovani calciatori italiani? «Per me Rugani. Ha una capacità di applicazione straordinaria. Io lo feci esordire a 18 anni. Sarà un giocatore molto importante per il calcio italiano del futuro».
E tra i ragazzi del Napoli? «Luperto è un talento che tengo d’occhio. Si prepara già con noi, con la prima squadra. Da gennaio abbiamo concordato, con la società, di far allenare ogni settimana uno o due ragazzi della Primavera con i titolari».
Pronunciamo la parola impronunciabile, scudetto? «Non mi avrà, per me resta impronunciabile. Abbiamo iniziato un percorso. Ricordiamo che veniamo da un quinto posto e teniamo i piedi per terra. Per volare c’è sempre tempo. È un campionato aperto, senza dominatori. Ci sono diverse squadre che competono a pari livello. Posso dirle che io sono rimasto molto impressionato dalla Fiorentina».
La sua formazione ideale? «Jascin, Djalma Santos, Thuram, Beckenbauer, Facchetti; Tardelli, Pirlo, Neeskens; Maradona, Van Basten, Cruyff. Allenatore Arrigo Sacchi».
Cosa pensa di Maradona? Le ha fatto piacere che si sia scusato per le dichiarazioni su di lei? «Per me, come per tutte le persone che amano il calcio, Maradona è un idolo, un’idea del calcio. La dichiarazione che ha fatto mi ha emozionato. Ora il mio prossimo obiettivo è conoscerlo. Sarebbe un onore, per me».
Cosa significa essere rivoluzionari nel calcio? «Andare contro le convenzioni. Immaginare quello che ancora non c’è. Ma poi servono i risultati, ne sono consapevole. In fondo è così sempre, anche per le rivoluzioni vere».
La Redazione