Ferlaino non riesce a dimenticare quel 10 che gli ha cambiato la vita e non dorme ripensando al 1988

E’ nella sala del Marad, Corrado Ferlaino, insieme ai soci dei Rotary di Torre del Greco-Comuni Vesuviani e di Ercolano-Centenario. E’ incalzato dalle domande… «Lo scudetto non risolve i problemi di una città, ma dà felicità in un contesto di grande sofferenza. Renzi nega la crisi, ma ha visto cosa è oggi Napoli?». L’ingegnere firma autografi e a un tifoso scrive questa dedica: «Sette anni che valgono una vita». I sette anni con Maradona. «Un campione immenso e un uomo buono. Trasmise la mentalità vincente alla squadra: in quegli anni eravamo convinti di poter battere tutti. Certo, c’era anche una società che lavorava: io frequentavo anche in vacanza i presidenti di Federazione, Lega e Coni». Mentalità vincente, come quella del Napoli di Sarri. «Dopo quelle tre partite dev’essere avvenuto un miracolo di san Gennaro… La squadra ha cominciato a vincere e ora è lassù. Quattro squadre al vertice, quattro differenti modi di interpretare il calcio: il Napoli è la più attrezzata, se regge». Segue gli azzurri in tv, mai più tornato allo stadio dopo aver venduto la società. «Avrò visto oltre duemila partite da presidente. O forse mille, perché andavo via alla fine del primo tempo. Ma a volte tornavo allo stadio, come quella domenica del’90 a Bologna: noi vincemmo e il Milan perse a Verona, avevamo conquistato lo scudetto e in autostrada feci marcia indietro».
Fa una promessa: «Se il Napoli vince il campionato vado anch’io in piazza, magari con una maschera». Ammette due errori: «Non aver venduto la società dopo il primo scudetto e poi cedere il 50 per cento a Corbelli». Ci sono stati i trionfi e anche i giorni bui delle bombe. Ferlaino li ricorda: «Ho passato notti insonni per tenere la camorra lontana dal Napoli e ci sono riuscito. Era una battaglia, però le sfide non mi hanno mai spaventato». Parla di camorra e ancora lo tormenta un dubbio. «Lo scudetto perso nell’88? Ci penso quasi tutti i giorni. C’era una situazione strana: le scommesse all’epoca erano illegali, il giro del toto nero era gestito dai Giuliano di Forcella e tanti avevano scommesso sullo scudetto al Napoli, quel clan frequentava alcuni giocatori… È un pensiero che allontano, non voglio e non posso crederci. Preferisco pensare al trionfo di Bologna due anni dopo». Dal passato al presente, la sala lo incalza. «Scudetto al Napoli? Da tifoso dico che lo vince, poi l’esperienza mi suggerisce di precisare che può vincerlo». Gli chiedono di De Laurentiis. «Differenti le nostre gestioni: nel mio Cda c’erano i professionisti di rilievo della città, in quello attuale i componenti della famiglia del presidente. Il contesto sociale ed economico di quell’ epoca era migliore, c’erano sette ministri campani. De Laurentiis è anzi tutto imprenditore, antepone l’aspetto economico-finanziario al tifo. È anche fortunato. Sarri era vicino al Milan, però a Berlusconi  non piacquero le sue idee comuniste, così De Laurentiis ha preso lui e non Mihajlovic. Non penso che abbia suggerito all’allenatore di passare al 4-3-3. Io davo qualche consiglio ai miei tecnici, però mai direttamente: facevo riferire un’idea dal capitano o dal dottore. Meglio Higuain o Careca? A distanza di anni, paragoni impossibili. L’argentino è straordinario, in ogni partita arriva almeno cinque volte davanti alla porta». Recentemente Ferlaino ha proposto di dare a Insigne la numero 10, ritirata in onore di Maradona. «Volevo fare un omaggio a Lorenzo, ma soprattutto lanciare una provocazione: felice che tutti abbiano risposto che quella maglia non deve essere toccata». È la storia, quel 10 sono i sette anni che valgono una vita. Lo si legge su Il Mattino

La Redazione

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