Lontano dal calcio business che viviamo, diretto, sincero, senza peli sulla lingua, lavoratore e comunicatore. In due parole, Maurizio Sarri. L’elogio non nasce dalle vittorie conquistate e dal gioco espresso, ma dalla maturata convinzione che siamo dinnanzi a qualcosa di raro. Raro, non ordinario, a sé stante. Non ha mai considerato il calcio come una professione, eppure potrebbe insegnarne tante di cose ai colleghi. In campo non si presenta come se fosse appena tornato da un matrimonio, e quella tuta è l’emblema che nel calcio si suda e si lavora insieme per centrare l’obiettivo. Qualcuno credeva che non sapesse gestire uno spogliatoio importante e, invece, leggete un po’ qua: Higuain segna e mangia l’erba, i casi nascono ma riesce a spegnerli come se fossero candeline su una torta di compleanno. I festeggiati in questione sono Insigne e Mertens: il primo ha “borbottato” visibilmente all’uscita dal campo l’altra sera ma il mister lo ha richiamato pubblicamente all’ordine e al rispetto nei confronti di chi il campo non lo vede quasi mai; il belga, invece, ha segnato e non ha fatto nulla per nascondere la sua rabbia, avercene sempre è una benedizione per il tecnico. Intelligente nella scelta di far riposare Koulibaly, nella partita in cui non serviva la sua velocità contro avversari come Vazquez e Gilardino. Equilibratore quando dice che è assurdo parlare di Scudetto alla metà del girone d’andata, sottolineando come Napoli viva da anni di voli pindarici e depressioni. Coraggioso quando mette da parte il suo 4 – 3 – 1 – 2 per schierare i suoi con il sistema di gioco migliore per le loro caratteristiche. Fiducioso ogni volta che manda in campo lo stesso undici titolare che ritocca, poi, periodicamente quando qualcuno è troppo stanco per garantire le stesse prestazioni. Ha rigenerato Jorginho, fatto sbocciare Koulibaly, regalato a Insigne un nuovo status. Gli aggettivi sono finiti, ci resta, però, la convinzione che così s’arriverà lontano.
a cura di Francesca Flavio