Una fotografia che vale un’amicizia: quell’abbraccio dell’11 aprile 1998 dopo Parma-Napoli. Gli azzurri hanno appena ricevuto la condanna alla retrocessione in serie B e il portiere di quella squadra non riesce a contenere la disperazione. E ad asciugare le lacrime di Pino Taglialatela ci pensa una spalla amica, che però veste la divisa del Parma. Si tratta di Fabio Cannavaro, che dopo essere cresciuto nel settore giovanile azzurro è stato ceduto da un Napoli in difficoltà economica.
E quindi?
«Non se la prenderà Fabio, al quale voglio un mondo di bene, ma io farò il tifo per il Napoli».
Lei oggi è presidente dell’Ischia, mentre Fabio Cannavaro è l’allenatore dell’Udinese in serie A.
«Ma io cullo sempre un sogno».
Prego.
«Quello di diventare direttore generale dell’unica squadra possibile in serie A, ovvero il Napoli, e di poter avere Fabio come allenatore. È un sogno, ma perché no?».
Dal sogno alla realtà: come pensa che Fabio Cannavaro stia vivendo questa vigilia così speciale?
«Vederlo con una maglia diversa da calciatore mi faceva strano, vederlo su una panchina diversa da quella del Napoli sarà lo stesso. Di sicuro lui avrà tante sensazioni dentro. Ricordo Fabio durante i festeggiamenti dello scudetto, era ragazzino felice perché lui è così: ha il sangue azzurro nelle vene».
Amici veri, come dimostra quella foto del 1998 scattata a Parma.
«Con Fabio ne abbiamo parlato di quella foto. Lui era in panchina e al fischio finale scattò per venire da me. Sapevamo da un pezzo che saremmo retrocessi ma non avevamo perso la speranza. Quando però è arrivata la certezza della serie B sono crollato e per fortuna c’era lui. In quel momento ho trovato la spalla migliore sulla quale appoggiarmi».
Che effetto le fa vederlo in panchina in serie A?
«Intanto mi fa molto piacere perché so quanto sia bravo. È un leader e non è nuovo a certe situazioni. Sono convinto che farà bene. La sua forza è quella di entrare nella testa dei calciatori. Grazie alla sua impressionate carriera, sarà un esempio. Gli auguro un grande futuro».
Lei come Cannavaro ha dovuto vivere l’addio al Napoli.
«Quello che abbiamo vissuto nel Napoli lo sappiamo solo noi. L’abbiamo vissuto sulla nostra pelle e siamo stati costretti ad andare via per motivi che esulavano dalle nostre volontà».
Il ricordo più bello insieme?
«Di sicuro quella qualificazione alla coppa Uefa con Lippi in panchina. Giocare nel Napoli e centrare quell’obiettivo è stato come toccare il cielo con un dito».
Fonte: Il Mattino