Sono passati invano 18 anni. Il calcio italiano stenta nel diventare adulto, accettando che il razzismo dilaghi ancora. Eppure sono trascorsi 18 anni dall’episodio di Marc Andrè Zoro durante Messina-Inter del 27 novembre del 2005.
L’allora giovane difensore ivoriano della formazione peloritana, bersagliato dai «buuu» e dai cori razzisti provenienti dalla curva nerazzurra, fu protagonista di un gesto che è rimasto nella storia e che ha contribuito almeno a smuovere la coscienze. Non è bastato.
L’EPISODIO – Poco dopo l’ora di gioco nella sfida tra i padroni di casa del Messina e l’Inter di Adriano quando Zoro decide di prendere il pallone tra le mani e quasi in lacrime, esausto da tanta cattiveria, si dirige prima verso il quarto uomo e poi dall’arbitro Trefoloni, chiedendo di interrompere il match e rifiutandosi di giocare. Compagni di squadra e avversari capiscono la situazione e tentano di calmarlo. Adriano si mostra subito solidale con Zoro ed è il primo (dei suoi compagni) a bacchettare i «tifosi» nerazzurri chiedendo di smetterla. Quando anche dalle tribune del San Filippo si capisce il motivo della protesta parte un lungo applauso nei confronti del difensore ivoriano che poi decide di tornare in campo per riprendere a giocare.
«Purtroppo non è cambiato niente da allora – ha detto laconico l’ex centrale del Messina che era esploso con la maglia della Salernitana – Dal 2005 ho sempre fatto interviste sul razzismo ed ora non intendo più farne per protesta»
L’ultima volta che Zoro si era espresso su episodi del genere è stato a proposito del caso Maignan, bersagliato da alcuni «tifosi» dell’Udinese. In quella circostanza, l’ivoriano fu molto duro. «Chiuderei lo stadio di Udine per sei mesi: va dato un segnale. Solo così le persone capiranno la gravità del gesto. E poi servono pene severe dalla Federazione». Zoro provò a dare consiglia anche a Maignan. «Deve essere forte, coraggioso. L’Italia è un Paese stupendo, ma il cambiamento è un processo lento. È incredibile come dopo quasi vent’anni si parli sempre delle stesse cose: insulti, cori razzisti, ignoranza. Non vengono mai presi provvedimenti seri, è un peccato mortale».
Fonte: Il Mattino