Ora è una battaglia che fa anche per i suoi figli

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I collaboratori di Chiné hanno preso contatti con Jesus ieri mattina presto. Il difensore è fuori dall’Italia, perché per tre giorni il Napoli è in libera uscita e riprenderà gli allenamenti solo domani. Secondo quanto riportato da il mattino,  il brasiliano ha chiesto, in un primo momento, di essere ascoltato venerdì, a Castel Volturno, con gli investigatori della Figc che si sarebbero dovuti spostare sul litorale domizio per raccogliere la sua deposizione, il suo racconto.

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Con Spalletti, alla fine, si sono parlati: con dei messaggi. Perché Jesus ha sentito anche il suo vecchio tecnico recitare la parte di chi, inevitabilmente, non può che credere alla versione del suo difensore che smontava le accuse. «No, non è andata così. Ho sentito benissimo quando mi ha insultato», la sintesi del pensiero che il brasiliano ha fatto al ct dell’Italia dopo aver sentito la sua conferenza.
A Jesus è dispiaciuto che Acerbi sia stato escluso dall’Italia ma non ha mandato giù l’atteggiamento vittimistico avuto dall’interista. «Tutti potrebbero essere multati», sostiene l’avvocato Grassani, consulente del Napoli.
Il calciatore è in vacanza, ma sono stati giorni di pochissimo relax: gli altri azzurri lo hanno sommerso di elogi per il gesto pubblico, alcuni (come Rrhamani) lo hanno fatto anche pubblicamente. Il Milan e anche il Napoli Basket: «Contro ogni forma di razzismo». De Laurentiis ha chiamato il suo difensore per dirgli che è al suo fianco. Ma intanto, dai social, iniziano a trapelare i primi indizi di una grande iniziativa prima Napoli-Atalanta: come per Koulibaly, pure lui vittima di razzismo da parte della curva dell’Inter, si lavora per indossare delle maschere oppure per una tinta nera sul volto. Ma Juan Jesus non è solo. Stavolta i social sono tutti per lui: dopo la gara con il Cagliari era stato oggetto di un’ondata di odio per l’errore difensivo. Motivo per cui sospese per molti giorni i commenti. È una battaglia che non voleva combattere, perché quando è uscito da San Siro pensava che non sarebbe successo tutto questo. Ma ora è una battaglia che fa anche per i suoi figli, perché avere la pelle nera non può essere motivo di insulto. E nessuno può negargli il diritto di ribellarsi.
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