Corsport – Osimhen e la “legge del gol”: Napoli si aggrappa al suo bomber prima dell’addio

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Il Corriere dello Sport dedica un estratto a Victor Osimhen

Nel 1997, gli 883 affidarono a un singolo dal titolo dannatamente giusto, se applicato a una partita di calcio, la diffusione dell’omonimo disco: “La dura legge del gol”. Nel 1998, a 6.50 0 chilometri più a sud del mondo, Victor Osimhen nasceva in Africa, a Lagos, Nigeria. Altri ritmi, altre storie. Ma lui, Osi, il sound del centravanti di razza pura l’aveva già nel sangue senza saperlo, doveva soltanto lasciarlo andare.
Doveva cantarlo libero come ha fatto mercoledì, la noche del Barça, delle stelle della Champions, dei bomber in copertina: per 75 minuti ha ruggito come un leone in gabbia e poi, al primo soffio di sangue nell’aria, ha ricordato al mondo che in fin dei conti, a uno come lui, basta un solo pallone per sbranare la paura. È la dura legge del gol. E Osimhen la interpreta come un tiranno.
MINUTO 75. Napoli-Barcellona ha confermato uno di quei dettagli che fanno la differenza: il ritorno di Victor dopo 9 partite e due mesi di assenza – 60 giorni precisi dal 23 dicembre all’Olimpico con la Roma – è già diventato l’aspetto fondamentale dell’ultima parte della stagione del Napoli. È la speranza di Calzona e di tutti: squadra, tifosi, club.
L’ultimo regalo prima di trasformarsi, verosimilmente, in una fontana dorata aperta dal mercato estivo. A suo tempo. Ciò che conta, alla luce dell’andata degli ottavi con il Barça e della sua prestazione, è che Osi è sempre l’uomo in grado di decidere; in qualsiasi momento, in qualsiasi condizione e a prescindere da tutto quello che può accadere prima.
Prima del momento della verità: mercoledì Osimhen s’è dannato per 74 minuti e 59 secondi – o giù di lì -, dimenandosi nella rete di Iñigo Martinez e Araujo fatta di aggressione, anticipi, calci e abbracci di Giuda, e poi allo scoccare del 75’ ha strappato le maglie e ha fatto la rivoluzione. Un gol da centravanti vero, superbo: corpo a corpo con Iñigo in area, il difensore è fisicamente annichilito e crolla, il filtrante di Anguissa è suo e il gol è servito.

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SPIETATO. Un pallone buono, un tiro (letteralmente), un gol in 77 minuti pieni di movimento ma non di gloria. La sublimazione dell’essenza del centravanti. Del bomber, dell’uomo che decide anche le notti buie e complesse: l’affascinante duello con Lewandowski, un gol su 4 tiri (2 nello specchio), è finito in parità. Passato, presente e futuro. Osimhen ha fatto impazzire Napoli e ha tenuto a galla il Napoli, non è un caso che il valore della sua clausola sia 130 milioni di euro: se il 12 marzo sul Montjuic la squadra può ancora inseguire la qualificazione ai quarti, e al Mondiale per Club, è merito della scintilla di Victor.
SOS AMICI. Benissimo, ma non può bastare. Soprattutto sul lungo: le partite di coppa sono un attimo, ma in campionato serve molto di più. Serve la collaborazione degli amici di un reparto che in 6 partite senza Osimhen ha collezionato 5 gol. Un tridente che finora ha contato soprattutto sulla continuità e l’incisività di Politano e ogni tanto sulle scintille di genio di Kvara. Se Osi è il capocannoniere del Napoli in Serie A con 7 gol (in 13 partite) e in totale con 9 (in 19), pur avendo giocato 19 volte su 34, un motivo ci sarà.
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