Era dal 97/98 che il Napoli non cambiava tre allenatori. Ecco la lista dell’era ADL

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«Solo uno che non ama il Napoli, può pensare che io possa cambiare l’allenatore a tre giorni dalla partita con il Barcellona». Chissà chi c’era al posto di Aurelio De Laurentiis, sabato sera, subito dopo il pareggio con il Genoa, mentre urlava contro chi gli chiedeva se il cammino di Mazzarri fosse al capolinea. Forse c’era un sosia, o forse era uno dei personaggi dei suoi successi al cinema che si era sostituito al presidente campione d’Italia, arrivato al terzo cambio di allenatore in pochi mesi. In un clima grottesco, senza precedenti nell’era De Laurentiis, arriva l’esonero di Walter Mazzarri. Poco dopo le 20. Paga la media di 1,23 punti a partita e il flop di sabato. Al suo posto Francesco Calzona, un ex con quattro stagioni vissute a Castel Volturno sia pure in ruoli di secondo piano. Alla sua prima avventura da capo allenatore in un club. Una scommessa, ma non un salto nel buio. Altro traghettatore a tempo ridotto: firma per tre mesi e mezzo. Briciole. «È sempre doloroso esonerare un amico, ma ai tifosi dobbiamo dare qualcosa di più. Ora c’è il Barcellona, una squadra piena di campioni: una gara da preparare in poche ore. Ma sosteniamo Calzona senza contrasti» dice De Laurentiis a SkySport alla fine del calvario e senza spiegare a quali contrasti si riferisca. È convinto di aver dato una scossa allo spogliatoio. Certo, il colpo di scena matura dopo che al povero Mazzarri non è stata risparmiata neppure l’umiliazione di presentarsi al cospetto della squadra, a Castel Volturno, fingendo di dover essere lui a preparare la partita con il Barcellona. Immaginate la scena: lui al video e sul campo di allenamento a spiegare a Osimhen, Di Lorenzo e tutti gli altri la tattica (pensava di schierare un 4-3-3) su come affrontare un avversario che, invece, Mazzarri vedrà solo in tv. I calciatori intuiscono tutto. Sanno. Mazzarri non fa cenni al suo addio imminente. Ma la strada è quella e Walter lo ha compreso nitidamente. Perché è la perfetta fotocopia della sceneggiatura del suo arrivo, appena tre mesi fa. Sia pure a parti invertite. Capisce che sta per calare il sipario sulla sua avventura. Lui al posto di Garcia. E si confessa: «Non mi farà sedere in panchina in Champions, appena definisce le cose con l’altro, proprio come ha fatto con Garcia, mi manderà via». Già, era chiaro tutto a Mazzarri. Con «l’altro» l’intesa è totale alla prima telefonata, ma tutto viene completato nel pomeriggio. E quando viene raggiunto l’accordo, arriva l’esonero. «Ho scelto un allenatore che conosce già l’80 per cento i nostri giocatori, stamane lo porterò personalmente a Castel Volturno per fare le presentazioni alla squadra. Diamogli fiducia, il tempo è galantuomo», dice De Laurentiis per spiegare il motivo del cambio e della scelta, dimenticando che, in giro, era l’unico disposto ad accettare le sue condizioni. Si sa che il calcio ha una memoria breve, e il brutto tende a cancellare il bello molto in fretta. Dunque, in poche ore «l’amico di famiglia» viene mandato via nel peggiore dei modi, senza alcun riguardo, nel silenzio più totale per tutta la giornata. De Laurentiis si fa vivo solo in serata, quando tutto è fatto. «Che peccato, come mi sarebbe garbato andare in panchina contro il Barcellona», confida ancora Mazzarri. Al fianco del tecnico azzurro, tutto il giorno fin da mezzogiorno, solo Micheli e Meluso, gli uomini dello staff sportivo che fanno di tutto per tenere su (inutilmente) il morale. In attesa che De Laurentiis, rimasto nel quartier generale dell’hotel Britannique, termini i colloqui con Calzona che, in poche ore, sono divenuti il segreto di Pulcinella. Con il patron, i suoi consiglieri: il figlio Edo, Sinicropi (ovvero il compagno della figlia Valentina) e il solito uomo dei conti, Chiavelli. Il cerchio magico che dà la misura della crisi in atto nel Napoli di De Laurentiis.Cosa abbia spinto De Laurentiis a non attendere neppure la sera di domani dopo aver urlato ai quattro venti che avrebbe atteso mercoledì sera, è un mistero che il patron, prima o poi, svelerà raccontandolo alla sua maniera. Un po’ come l’addio di Spalletti. Chiaro, non si fida più di Mazzarri, dei suoi metodi, del modo con cui gestisce il gruppo. Stupisce, però, il cambio di rotta in poche ore: perché sabato, ma anche domenica, recitava la parte dell’offeso e dell’indignato davanti all’ipotesi – che era nell’aria ed era fondatissima – di prendere Mazzarri e rispedirlo a San Vincenzo. Il salvatore della patria, dopo i no di Conte e Tudor, ha retto tre mesi. Pochi giorni fa, nel giorno delle finte ammissioni di colpe, DeLa sembrava convinto: «Dal 18 febbraio inizia un nuovo campionato». Ecco, per Mazzarri è durato solo una giornata. Il tecnico l’ha presa con filosofia, in serata era a cena con i suoi (pochissimi) amici, in attesa della telefonata di esonero. Che è arrivata attorno alle 20. «Avevo capito tutto, doveva solo avere pronto il contratto nuovo. E poi mi avrebbe chiamato», diceva rassegnato e sconsolato a Castel Volturno. In serata, il Napoli cambia repentinamente il programma della vigilia Champions, a conferma della disarmante confusione: l’allenamento delle 11 slitta alle 14. Domani, per intenderci, c’è il Barcellona, ottavo di finale di Champions. Ma, magari, è solo un dettaglio. Era dal 97/98 che il Napoli non cambiava tre allenatori (ben 4 in quella stagione disgraziata). De Laurentiis lo aveva già fatto al Bari quest’anno: la chiamata di Calzona è a un altro amico di famiglia (e bene farebbe il calabrese a fare gli scongiuri). D’altronde, chi accetterebbe tre mesi e mezzo di contratto in questo cataclisma di incertezze e in balia di un padre padrone come De Laurentiis? Giusto Calzona, sempre legatissimo al Napoli e a Napoli. Il ct della Slovacchia non è neppure riuscito a inserire una clausola di rinnovo: zero. Porta in dote anche Francesco Sinatti, il preparatore atletico che De Laurentiis ha lasciato andar via questa estate senza muovere un dito. La Figc non ha nulla in contrario al doppio incarico, ma durante i sette giorni in Usa, il Napoli dovrà farne a meno. Nello staff candidati anche altri nomi passati in casa azzurra: Bonomi, Nocentini e Beoni. E Marek Hamsik? È l’uomo che ha consentito a Calzona di avere l’ok dalla Slovacchia al doppio incarico. De Laurentiis lo vuole nello staff. Ma l’ex capitano al momento ha declinato l’invito: ha lasciato il calcio per stare vicino ai figli in Slovacchia. Ma De Laurentiis non molla: «È intrigato dall’idea di tornare nella squadra dove è stato una bandiera. Lo sentirò ancora».

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Fonte: Il Mattino

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