Con l’abolizione del decreto crescita, il Consiglio dei Ministri potrebbe aver commesso il più classico delle autoreti, riducendo di fatto le risorse del sistema che non potrebbe più attrarre i giocatori dall’estero, con gravi ripercussione anche sui vivai. Sulla scelta adottata ha emesso un comunicato: “La Lega prende atto con stupore e preoccupazione delle indiscrezioni di stampa circolate relativamente alla decisione che il Consiglio dei Ministri avrebbe preso di non approvare alcuna proroga del regime fiscale speciale per gli impatriati lavoratori sportivi. Tale decisione, se confermata, avrà quale unico risultato un esito diametralmente opposto a quello perseguito. La mancata proroga, come anche illustrato in maniera puntuale e dettagliata in una nota inviata al governo nei giorni scorsi, produrrà infatti minore competitività delle squadre, con conseguente riduzione dei ricavi, minori risorse da destinare ai vivai, minore indotto e dunque anche minor gettito per l’erario. Dal momento che la proposta di proroga aveva ottenuto il via libera tecnico per essere presentata in Consiglio dei Ministri, il fatto che alla fine sarebbe stata esclusa lascia supporre che sia prevalsa per l’ennesima volta una visione del calcio professionistico distorta e viziata da luoghi comuni fallaci: una visione che purtroppo non tiene conto dello straordinario ruolo economico, oltre che sociale e culturale, che ricopre questo comparto industriale in Italia. Qualora l’esito del Consiglio dei Ministri venisse confermato, la Serie A auspica che il Parlamento possa correggere questo errore che danneggia non solo il calcio italiano, ma tutto lo sport e il suo considerevole indotto».
Il decreto rimarrà applicabile per la fascia medio-bassa, per quei contratti che non superino le seicentomila Euro. Una linea del tutto autolesionistica anche alla luce dei dati mostrati dalla lega, dove solo 50 tesserati avevano usufruito degli effetti attuativi dell’ex decreto, riservando questi benefici ai top player. Con l’abolizione, ci saranno anche minor ricavi che entreranno nelle casse dello Stato.
Su questo argomento non ci sono divisioni, tutti sono compatti creando un fronte compatto. Senza il decreto, l’intero sistema rischia di impoverirsi ulteriormente: non riuscirebbe ad attrarre i giocatori dall’estero a vantaggio di altri campionati, impoverendo tecnicamente le singole squadre che faticherebbero ancor di più in ambito internazionale, vedendosi superate da altre realtà. Con l’aumento dei costi, unita alla scarsa competitività, i club sarebbero costretti a dei tagli: cedendo i migliori giocatori e riducendo gli investimenti nei settori giovanili. Il risultato generale sarebbe una Serie A ancor di più, impoverita.
Fonte: Gazzetta dello Sport