“Il professore!”. Mazzarri riscopre un uomo chiave per i meccanismi di gioco del 4-3-3 sull’asso “debole”
Senza buttarla in politica, si può osare: c’è ancora qualcuno, nel Napoli, che sa dire qualcosa di sinistra; e può farlo a modo suo, standosene dentro quel perimetro della classe operaria che, nel dubbio, sa come trascinarti in Paradiso. Quando al minuto 14 del secondo tempo di Napoli-Cagliari Mario Rui è tornato in campo, erano passati appena 34 giorni dalla sua ultima volta, durata un attimo – 6’ più 4 di recupero, però tutti “farlocchi” perché s’era fatto male subito – e da quella disastrosa giornata con l’Empoli non era rimasto quasi niente: non c’era più Garcia in panchina; pure Olivera, l’amico-concorrente era sparito, come lui; e però almeno c’era altro. C’era, per dirne una, quell’atmosfera d’insospettabile allegria che lui stesso stava alimentando: e, alla 211ª presenza e dopo circa sette anni, poteva apparire come una ricompensa del destino.
IL PROFESSORE. È andata più o meno così, e per un bel po’, perché su quella fascia, il venticello calunnioso dello stadio s’avvertiva: Mario Rui se ne è stato da solo, a lungo, a schivare le folate di diffidenza che arrivavano dall’alto, li sentiva i lamenti e li lasciava sfilare al suo fianco, poi un bel giorno è arrivato Spalletti ed ha preso il pregiudizio a due mani. «Se tentiamo di sistemare un uomo più strutturato in quel posto, poi perdiamo la qualità tecnica del professore. Perché Mario Rui è un professore». Come si sdogana un calciatore, avvolto in una nuvola di luoghi comuni, che sabato sera – e di nuovo – si sono dissolti: perché intanto la narrazione era cambiata, vero, e quella fettina di Napoli prevenuta aveva già avuto modo di ricredersi. Un anno fa, lo raccontano le statistiche che non mentono, 8 assist complessivi, che neanche un trequartista.
GLI APPLAUSI. Napoli-Cagliari l’ha cambiata (anche) Mario Rui, basterebbe andarsi a rivedere gli highlights e gustarsi la scena madre, quella che stappa la partita: lui sta largo a sinistra, Kvara è entrato un po’ dentro al campo, neanche tanto, e quando riceve dalla verticale Rrahmani-Raspadori, sa che per attaccare la linea c’è il portoghese, con il suo piede vellutato, che dà forza, rotondità e peso al traversone per Osimhen. Mario Rui si è catapultato così nel Napoli, se lo è preso di slancio, con quella sua faccia tosta che ha conquistato anche Mazzarri, immediatamente: «È chiaro che con i sistemi che adottiamo abbiamo bisogno di un calciatore che vada in sovrapposizione con l’esterno. Kvaratskhelia ha risentito di quest’assenza, perché gli è mancato il sostegno. E questo ti toglie lucidità sotto porta, ti costa maggior fatica e ti costringe a far la guerra con gli avversari che ti triplicano». Mario Rui ha fatto un po’ da “sfollagente”, ha liberato Kvara dal caos, ha sistemato l’espressione sgonfia di Osimhen, ha ordinato i pensieri scomposti ed ha dato un senso a quel rinnovo firmato in estate, in ritiro, fino al 2026. Quando avrà trentacinque anni e magari lo rimpiangeranno. A sinistra, succede. Fonte: CdS