I Danni della pirateria -Azzi, Ceo di Dazn: «Quei soldi equivalgono alla somma degli ingaggi di 5 campioni top»
GLI ACCESSI ILLEGALI COSTANO AL SISTEMA 350 MILIONI L’ANNO
Il conto alla rovescia è quasi finito e la data “giusta” dovrebbe essere venerdì 7 dicembre. Il Decreto Legge Caivano, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 14 novembre, prevede che la piattaforma necessaria a bloccare i siti illegali sia operativa a partire dal giorno in cui a Torino si giocherà Juve-Napoli. Una bella notizia nella lotta alla pirateria che, dopo l’approvazione lo scorso luglio da parte del Parlamento della nuova legge, di fatto non è ancora iniziata. Tra pochi giorni, invece, è atteso il… cambio di marcia che i broadcaster e la Lega Serie A hanno a lungo invocato visti gli oltre 350 milioni («Un milione al giorno» ha rimarcato più volte l’amministratore delegato della Lega, Luigi De Siervo) che ogni anno vengono persi dal sistema calcio a causa del “pezzotto” e dei siti che trasmettono illegalmente il nostro campionato.
Tappe e rischi La piattaforma anti-pirati in questo periodo è oggetto di test da parte dell’AgCom dopo che ad agosto la Lega l’ha donata all’Autorità e dopo che a settembre si è insediato il tavolo tecnico per la definizione e la condivisione dei requisiti di funzionamento della piattaforma stessa. Il processo per cominciare a indebolire la rete criminale, dunque, è a un punto di svolta: quando sarà pienamente operativa la piattaforma permetterà di bloccare gli IP illegali entro 30 minuti dalla loro individuazione e consentirà alla Guardia di Finanza e alla Polizia postale di risalire alle persone che fruiscono illecitamente dei contenuti. Questo iter è obbligatorio per combattere la criminalità più sofisticata e pericolosa, quella che opera attraverso hacker capaci di rubare il segnale tv dalle più importanti realtà internazionali. Chi fruisce di contenuti sportivi e di intrattenimento in maniera illegale non sa che i suoi dati, condivisi per acquistare un abbonamento pirata, possono essere poi facilmente utilizzati, per esempio, per prelievi dai propri conti correnti e pagamenti non autorizzati. Oltre a incorrere in denunce penali e in multe, chi frequenta i siti pirata mette dunque a rischio la propria identità digitale, usa sul proprio smartphone o pc un servizio gestito da hacker e compromette i propri dispositivi, con il rischio di diventare destinatari di truffe.
Numeri preoccupanti Stoppare la pirateria nello sport è diventato obbligatorio dopo i dati diffusi dall’ultima ricerca Fapav/Ipsos che ha certificato il costante aumento degli atti illegali nel corso degli ultimi anni: si è passati dai 14,7 milioni nel 2017 ai quasi 41 milioni nel 2022. L’incremento dal 2021 al 2022 è stato del 26%, ma rispetto al 2017 la crescita è stata del 178%. I pirati occasionali sono quasi 8 milioni e ciascuno di loro compie almeno 5 atti di pirateria all’anno, finanziando così piattaforme illegali (che impoveriscono il prodotto Serie A) e danneggiando sia i club sia i veri appassionati. Preoccupante è anche il dato legato alle IPTV illegali, che sono la piattaforma digitale più utilizzata: gli abbonati a queste piattaforme illecite sono 3 milioni ovvero il 6% della popolazione italiana che ha più di 15 anni. La pirateria è purtroppo diventata un fenomeno “positivo” di costume ed è erroneamente percepita come un piccolo strappo alla regola, non come un reato. Il Ceo di Dazn, Stefano Azzi, ha approfondito il concetto: «Il valore che l’ecosistema della Serie A perde ogni anno è enorme e la cifra equivale più o meno alla somma agli ingaggi delle stelle più pagate al mondo. Parliamo di campioni come Messi, Haaland, Mbappé, Neymar e De Bruyne. Abbiamo di fronte un grande problema culturale. La ricerca condotta da Fapav/Ipsos testimonia che il pubblico di consumatori che fruisce illegalmente dello sport, nel nostro Paese, è per lo più concentrato tra coloro che hanno un livello di istruzione più elevato (laureati, ndr ) e tra gli occupati. Questo ci dice che la pirateria è un fatto socialmente accettato».
Ricerche I motori di ricerca, i social network, le app di messaggistica, i blog o i forum continuano a essere piattaforme utilizzate sia per informarsi su dove fruire illegalmente di contenuti audiovisivi, sia per vederli direttamente. Sui social (solo per citarne qualcuno: Facebook, Instagram, ma anche Telegram) ci si imbatte con estrema facilità in offerte che promuovono la visione illegale di contenuti e che collezionano indisturbate centinaia di interazioni. È chiaro che con una simile “cornice” l’impegno delle istituzioni, della Lega e dei broadcaster non può bastare: per contrastare questo fenomeno c’è probabilmente bisogno anche di sottoporre a responsabilità più stringenti il mondo dei social.
Fonte: Gazzetta