“Dieci incontri senza lode, Victor-ADL giù la maschera” (CdS)
Incontrarsi e dirsi: boh! Da Roma a Dimaro-Folgarida, avanti e indietro; e poi dalla Capitale a Rivisondoli, sempre con il viaggetto di ritorno standosene sospeso nell’aria, ad aspettare che arrivasse un sì. Se dieci appuntamenti non sono stati sufficienti a Roberto Calenda, il manager di Osimhen, a strappare una firma, non resterà che affidarsi all’undicesimo, o magari al dodicesimo, valle a capire certe dinamiche di questo calcio, per intuire cosa c’è scritto tra le nuvole del futuro che Victor osimhen ha gonfiato d’ansia il 19 agosto, dal prato verde (speranza?) di Frosinone: «Il presidente è il boss e stiamo ancora negoziando con lui. Io sono un calciatore del Napoli e continuo a dare il cuore e l’anima per questa squadra. Vediamo cosa accadrà a lla fine del mercato». E quando si sono abbassate le saracinesche, ed hanno chiuso le porte e chiaramente le buste, Napoli ha tirato un sospirone di sollievo, consapevole che l’ultimo «pericolo» – l’ Arabia e i petro dollari – sia un’ ipotesi improbabile , persino impossibile , per un ventiquattrenne che vuole la Champions League, al limite la Premier, sicuramente l’Europa ed un calcio che lo realizzi.
SI TRATTA. Per ora, le fumate restano grigie e di conseguenza vale ciò ch’è stato scritto nell’estate del 2020, al momento dell ’ acquisto di Osimhen dal Lilla : contratto quinquennale, fino al 2025, da quattro milioni e mezzo di euro (con bonus vari, tra cui quelli ai venti e ai venticinque gol) e quindi esattamente tra un’estate, il rischio di ritrovarsi con un attaccante – uno dei principi della materia – con la scadenza imminente va inserito di diritto tra le previsioni meno lusinghiere. Il resto – rinnovo a quindici milioni lordi, con clausole già da attivare sin dal 2024 per l’estero e pure in Italia – appartiene alle ipotesi sviluppate in quella serie di incontri assai ravvicinati, ma soltanto fisicamente , andati in scena dalle Dolomiti agli Appennini . Passando per Roma. Legalmente, non è ancora successo nulla, e Osimhen, che a Castel di Sangro per un po’ ha avvertito affaticamento catalogati pure come «infortuni di mercato», s’è rimesso al centro del villaggio, lui sì: doppietta al Frosinone, gol al Sassuolo, rigore «regalato» a Raspadori (e poi sbagliato) e infine, prima di andare in Nigeria per gli impegni della nazionale, insieme agli altri 45 m inuti di pausa contro la Lazio, sufficienti per radiografare gli aspetti tecnico-tattici di una sconfitta ovviamente dolorosa ma pure per provare ad intrufolarsi nella testa dei protagonisti, che potrebbe essere sgombra di cattivissimi pensieri o anche no. Il ballo in maschera continua. Fonte: CdS