La disgregazione dello staff tecnico
In passato c’era pure Giovanni Martusciello, per due anni parte viva della famiglia, il passato (sempre Empoli) che ritorna, che diventa garanzia di competenza, di fiducia e però anche di affinità, perché lavorare assieme vuol dire analizzare il calcio secondo dinamiche e visione eguali o almeno simili. Ma quando a casa Spalletti comparve il Napoli, Martusciello si era già promesso a Sarri, che a Castel Volturno aveva comunque lasciato qualcosa di suo: Francesco Sinatti, a esempio, il preparatore atletico del quasi scudetto (quello del 2018), presenza autorevole, discreta, si direbbe invisibile, e però decisiva, legato ormai al club e deciso a restarci sino a prova contraria. Spalletti l’accolse a braccia aperte, volle avere con sé anche Calzona, che adesso è il c t della Slovacchia, altro «sarriano» della prima ora. Due anni, un terzo posto e uno scudetto che sa di Leggenda, giornate intere a confrontarsi in quello studio che poi Spalletti ha eletto a propria residenza (due armadi, un lettino, un tavolo grande e uno più piccolo): ore e ore di chiacchierate sui metodi di lavoro, sui carichi, sino a quando, partito il «Leader» e arrivato Garcia, anche Sinatti – come Baldini, che vuole fermarsi, e Domenichini – ha chiesto a De Laurentiis d’essere lasciato libero. Al Napoli sono rimasti Simone Beccaccioli, il match analyst che aveva già lavorato con Spalletti e anche con Garcia alla Roma, e Alejandro Rosalen Lopez, il preparatore dei portieri, ch’era arrivato dalla Fiorentina solo due anni prima. Storie più fresche.
Fonte: Corriere dello Sport.