Dev’essere frustrante per un procuratore doversi fare dieci inutili viaggetti partendo da Roma e andando prima a Dimaro e poi a Rivisondoli e Roberto Calenda ha fatto su e giù per le autostrade di mezza Italia per strappare un sì a De Laurentiis: sempre meglio che lavorare, ci mancherebbe, però venerdì notte stava ancora all’Acqua Montis, certo sorridente, a chiacchierare su ritocchini e clausole e ipotesi e opzioni. Gli arabi sono un tormento per chiunque – forse un po’ meno per i presidenti avidi – e sono rimasti nell’ombra, un passo avanti e poi due dietro, hanno lasciato filtrare le voci (cento milioni pronti, no duecento; e al ragazzo trenta; macché quaranta; fidatevi, cinquanta): un massacro, tranne per Adl, che ha lanciato il cerino a Calenda proprio l’altro ieri: «Resta qua, dove vol e te che vada. I contratti si rispettano».
Il Napoli e Osimhen sono (sarebbero) a distanza ravvicinata per dirsi ancora sì fino al 2027 e però conviene comunque andarci cauti perché pure tra virgolette se ne dicono tante: il 5 luglio, mica una vita fa, Dela giocò d’anticipo («con Osi già prima della festa scudetto abbiamo trovato l’accordo per un prolungamento di due anni»). Falsissimo, come raccontano i fatti, mica le opinioni: e ora sono ancora là, eh già, in questa loro trattativa spericolata. Fonte: CdS
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